In vacanza con Andrea Vitali

Recensione del romanzo “Premiata Ditta Sorelle Ficcadenti”

di Coralba Capuani

Andrea Vitali non è uno scrittore, ma un’agenzia di viaggi.

Perché aprire un romanzo di Vitali non significa affrontare una semplice lettura che ti emoziona, ti commuove, ti fa riflettere, o, più spesso, ti fa sorridere, quando non scappare una risata di vero cuore.

No, quando si acquista un romanzo di Vitali la prima cosa da fare è iniziare a preparare la valigia. Una valigia metaforica, d’accordo, ma proprio non riesco ad associare ad altro che a quest’immagine il gesto di accomodarsi su una sedia, divano, poltrona, letto che sia, mettersi in grembo il libro di Vitali e, finalmente, aprirlo.

Si inizia!

Si parte!

E ogni volta è come rincontrare persone conosciute durante la precedente vacanza, anche se i personaggi e le storie sono diverse, se non addirittura i periodi storici. Tuttavia quell’impressione di ritorno a casa, in un ambiente domestico già visitato, è ciò che si prova ogni volta che ci si accinge ad affrontare una nuova storia nata dalla mente immaginifica di questo prolifico autore.

E ogni volta pare di sbirciare da dietro una persiana semichiusa lo svolgersi delle vicende di questi strampalati personaggi che l’autore mette in scena. Poco importa che il lettore si trovi a seguire le scarpinate della Stampina fino alla canonica di don Pastore, prevosto di Bellano (e poteva forse essere altrimenti?) a causa delle preoccupazioni che gli dà il Geremia, quel suo figliolo strambo di cui in paese si mormora gli “manchi qualche giovedì”. Oppure scrutare l’interno della canonica di quel santo uomo del don Pastore, cui ogni volta tocca consolare, dare consigli e tranquillizzare la povera Stampina. Quando non origliare i commenti di Rebecca, perpetua di Don Pastore, impicciona e convinta di vedere l’opera del diàol  ogniqualvolta in paese capita qualcosa di strano o bizzarro. E non è cosa strana e bizzarra, e quindi opera del diavolaccio malefico, che un tonto come Geremia si vada a invaghire di Giovenca Ficcadenti, merciaia dall’appariscente bellezza, comparsa da poco in paese insieme a sua sorella Zemia, piccola, secca e brutta che “a incontrarla di notte c’era da credere che i morti ogni tanto uscissero dalla tomba”? Una “scheletraglia”, la definisce l’autore con un’espressione a mio avviso geniale nella sua spietatezza.

Il lettore diventa, quindi, un abitante di Bellano, un villeggiante che fitta casa in una delle sue vivaci viuzze attraversate da questi bizzarri tipi umani, gente sopra le righe a partire dai loro inusuali nomi di battesimo: Giovenca, Stampina, Rigorina, Zemia, o Editto Giovio, il famoso “Notaro” in Como. Ma anche il poetastro Novenio, innamorato della bella Giovenca a cui dedica improponibili poesie d’amore plagiando le opere di un “collega” vagamente più famoso di lui, ovvero Gabriele D’Annunzio. Come resistere alla comicità di certe scene descritte nel romanzo, una su tutte: la dichiarazione d’amore di Novenio, pretendente di Giovenca, il quale al fine di conquistare la ragazza le declama i versi del Vate. Come restare impassibili quando il giovane, sopraffatto dall’esaltazione (o sarà forse qualcos’altro?) finisce per fuggirsene tra gli arbusti: «urlando come un ossesso, tanto che quando Giovenca aveva aperto gli occhi il Trionfa non era altro ce un puntino nero dentro al coltivo di ravizzone, agitato come uno spaventapasseri sconvolto dal vento».

Ma a ruotare attorno ai personaggi principali vi sono una miriade di personaggi minori, a volte semplici comparse, che, però, nonostante questo, Vitali si premura di descrivere in profondità condensando la loro esistenza in poche righe rendendoceli vivi, umani, fatti di carne e ossa. Perché i personaggi di Vitali non sono mai caricature, e, pur se a volte (spesso) bislacchi, non cadono mai nella macchietta conservando sempre un loro tratto umano, tanto che al lettore potrebbe tranquillamente capitare di imbattersi in una loro copia nella vita reale.  E questo lo sa bene chi abita in un piccolo paese dove ci si conosce tutti e dove ogni abitante ha quel briciolo di pazzia che i personaggi di Vitali esprimono all’ennesima potenza.

È come, in sostanza, se Vitali prendesse quel pizzico di stramberia contenuto in ognuno di noi moltiplicandolo e ingigantendolo, cosicché se in un paese “normale” magari di strambi ce n’è al massimo un paio, nel mondo fittizio dei romanzi di Vitali gli “strampalati” si trasformano in un caleidoscopio di personaggi originali e fuori dalle righe, pur tuttavia rimanendo sempre realistici. Gente, insomma, che il lettore può benissimo incontrare per strada.

Perciò ogni volta che una storia finisce, che il libro viene chiuso, il lettore è assalito da un senso di malinconia; lo stesso che ci prende alla fine di una vacanza a lungo attesa. Così, quando ce ne saliamo sul nostro bel treno che ci riporterà a casa, alla nostra grigia routine, aspettando di avvertire il fischio del capostazione che dà l’ordine di partenza alla locomotiva, mentre ci soffermiamo ancora una volta a osservare  i volti dei personaggi, venuti apposta in stazione per salutarci, ci viene il magone all’idea di dover abbandonare quelle facce, quelle esistenze divenute ormai così familiari. Anzi, in qualche modo proprio persone  “di famiglia”.

Però, a questa struggente sensazione di malinconia, al senso di perdita, si mescola, la speranza, nonché la consapevolezza, di un prossimo ritorno. Magari dovranno passare molti mesi (forse anni?) prima di tornare a concederci la nostra bella vacanza in quel di Bellano, ma di sicuro siamo certi che non si tratta di un addio, bensì di un arrivederci.

E allora, quando sarà tempo, torneremo a preparare la nostra valigia pronti per partire di nuovo alla volta di Bellano, desiderosi di affrontare un nuovo viaggio e nuove avventure, affidandoci ancora alla comprovata professionalità della nostra agenzia di fiducia: la “Premiata Ditta” agenzia viaggi Vitali, appunto!

 

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