Al contadino non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere

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Leggo il commento di Bianca Stanco  sull’intervista rilasciata a Il Giornale, dal critico letterario Alfonso Berardinelli e trovo un continuo ritorno di giudizi lapidari del tipo:

“…impossibilità dell’esistenza di classici contemporanei”.
della letteratura è rimasto soltanto il nome. È l’ora dei velleitari, specie in poesia”.
“… la critica ha perso il ruolo trainante e militante”.
“… svuotamento intellettuale nel panorama editoriale contemporaneo, un declassamento della poesia e della narrativa …”.
“Narrativa e poesia si sono così dilatate da essere entità senza forma né confini”.
“È un caso disperato. … il 90 % della poesia che si pubblica non è né brutta né bella. È nulla. Nessuno potrebbe leggerla”.
La poesia “è diventata il genere letterario di chi non sa scrivere”…“i poeti mediamente non hanno idea di cosa sia un verso”.

Da brivido!, ma è davvero così?

No, non può essere così.

Con tutto il rispetto che sempre nutro per chi ha militato per anni nell’ambiente letterario e culturale che certamente ha molto da insegnare, soprattutto a me, ciò nonostante mi sento di dissentire. In questo nostro millennio la letteratura sta sicuramente soffrendo di ipossia dovuta al sovraffollamento, ma siamo sicuri che sia davvero un male?, non è invece uno stimolo alla ricerca, alla critica e alla curiosità?
Sento dire:
“Se l’editoria si rifiutasse di pubblicare almeno i due terzi di quello che pubblica, si riuscirebbe a fare un po’ di chiarezza”.
La campana stona un po’.
Si dà troppa importanza alle case editrici, in fondo sono “enti commerciali” che vivono e proliferano sull’attivo di bilancio. Non è sano conferire il potere di indottrinarci a chi ha troppi interessi da soddisfare. L’obiettività non è una virtù che appartiene al business. Un tempo si diceva: “Al contadino non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere”, e oggi si vorrebbe che il contadino ci dicesse ciò che è buono? Ciò che piace lo decide il lettore non il venditore perché se così non fosse allora avrebbe ragione Sgarbi quando ci chiama capre. Siamo un popolo istruito, distratto forse, un po’ pigro, ma il popolo dei lettori è un popolo istruito e i mezzi di informazione non mancano.
Leggo sull’articolo di Bianca Stanco:
Il lettore medio non ha più le facoltà per scegliere e comprendere di cosa parla un libro.”
Rabbrividisco e m’indigno.
Io sono una lettrice media e non permetto a nessuno di dirmi che non ho la FACOLTA’ di scegliere e comprendere di cosa parla un libro. Un urlo mi squarcia dentro e mi sento ferita da questa affermazione.
È vero che l’enormità della produzione di libri (vado cauta e non definisco tutta la produzione in circolazione chiamandola: romanzo e neanche opera) può metterci in mano delle vere ciofeche e ciò può deluderci, può indignarci perché ci sentiamo frodati: pensavamo di poterci concedere un momento di bella lettura invece no; ma ciò succederà qualche volta, non sempre; certe lezioni si imparano e aiutano a raffinare le scelte; se si dovesse ripetere potrebbe essere solo per un difetto di distrazione. Ci stiamo abituando un po’ tutti a leggere gli incipit che spesso sono disponibili anche sulle biblioteche on line; abituiamoci a essere propositivi, costruttivi e critici. Abituiamoci ad ascoltare il consiglio di amici, il passaparola rimane sempre il miglior modo per scegliere con il minimo rischio.
Ancora: “da solo il lettore non capisce che sapore ha un libro”. Un’affermazione di questo tipo denota un orribile disprezzo verso i lettori considerati al pari di humus, frutto della degradazione e rielaborazione degli interessi commerciali delle multinazionali dell’editoria e buono solo come fertilizzante per far fiorire talenti senza talento e casi letterari senza caso.

Per quanto riguarda poi l’affermazione che: “I narratori hanno un solo obiettivo, ossia il Premio Strega”, e ancora “l’assenza di scrittori creativi, coscienti, in grado di rapportarsi con il pubblico e soprattutto consapevoli della cosa da raccontare” mi ariva come alibi e denota inerzia e pigrizia a conferma che chi vuole davvero fare informazione e critica letteraria deve armarsi di pazienza, falce e macete per avventurarsi nella giungla di edizioni che vengono sfornate ogni giorno. Il critico letterario non può più starsene seduto comodo sul divano e aspettare che gli arrivino i libri da leggere e recensire fidandosi del marchio editoriale impresso in copertina, oggi il critico letterario deve cambiare strategie e scavare con pazienza, intuizione e un pizzico di fortuna, come fanno e hanno sempre fatto gli archeologi.
Chi afferma che “La letteratura non ha più a disposizione un pubblico competente, né nell’ambito della narrativa né in quello della poesia. Non vi è più la ricerca di nuovi talenti, di curiosità.”, apparterrà forse a quella parte della critica stanca, che ha tanto operato nel settore d’aver esaurito l’amore per la ricerca della cultura il cui entusiasmo si è spento, soffocato dal peso delle troppe novità tecnologiche un po’ incomprese e un po’ pressanti che ora vorrebbe riposare sugli allori e invece gli allori riconosciuti sono inferiori alle aspettative?

M.B.

Davide Bottiglieri – Le cronache di Teseo

Carissimi amici oggi la famiglia di Letterando si allarga e accoglie un nuovo autore che vado a presentarvi.

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Nome: Abraham Tiberius Wayne (alias Davide Bottiglieri)
data e luogo di nascita: 28 aprile del 1992. Salerno (Italia)
segno zodiacale: Toro
blog: Abram Tiberius Wayne
Nonostante la sua giovane età ha già una collezione di riconoscimenti di tutto rispetto:
– Premio Letteratura Italiana Contemporanea nel settembre 2014, indetto dalla Laura Capone Editore con la quale compie il suo esordio editoriale con la silloge Poeti Contemporanei.
– Nel 2014 viene inserito nella collana Riflessi della Pagine Editore.
– Nel maggio 2015 vince il XII Concorso di Poesia d’Amore ” Tra un fiore colto e l’altro donato” indetto dalla Aletti Editore.
– Nel luglio 2015 viene pubblicato nell’omonima silloge.
– Vince il concorso “Cronache dalle terre oscure”,con tre racconti brevi fantasy.
– Nell’agosto 2015 viene pubblicato nell’antologia Felicemente Horror vincendo la selezione proposta dal noto blog letterario Pegasus.
– Sempre nell’ottobre 2015 risulta finalista del concorso “E’ già autunno!” indetto dalla Montegrappa Edizione e viene inserito nella XVII raccolta antologica “Les cahiers du Troskij Cafè”.

Davide è nostro ospite perchè voglio presentarvi il suo libro:

Le cronache di Teseo

Racconti – Edizioni Les Flaneurs

Authore: Abraham Tiberius Wayne (Davide Bottiglieri)

€ 2.99

“Un libro che raccoglie sei racconti dedicati all’eroe greco Teseo. Un fantasy dall’anima ellenica”.

Un libro che raccoglie sei racconti dedicati all’eroe greco Teseo. Un fantasy dall’anima ellenica”.
È proprio così che si presenta questo libro che si legge veloce e con piacere. Davide ci racconta le prove che si trova a dover affrontare Teseo per dimostrare di meritare il trono in successione al padre.
È un viaggio fantastico che l’autore descrive poggiando sulle basi della mitologia classica arricchendo di particolari fantasiosi che ne alleggeriscono il peso e animano di avventura. Molti sono i nomi di dei, semidei, eroi, e altre figure, più o meno moti a tutti, che hanno popolato i racconti epici e che l’autore mette a intralciare il cammino dell’eroe, a volte per aiutarlo nelle sfide altre volte per mettere a prova la sua forza, la sua saggezza, la sua umanità e il suo valore di uomo e di guerriero al fine di forgiare la figura ideale di sovrano. È così che l’autore ci consegna l’immagine di un re esemplare: un sovrano ideale.
Le scene di lotta sono ben descritte e le atmosfere che ne emergono sono in perfetta sintonia con l’epoca riuscendo tuttavia ad evocare immagini fantastiche che scivolano in paesaggi degni della classica narrazione fantasy e quello che io definirei l’universo fantastico.

“La raccolta mira a interessare lettori adolescenti! La mitologia classica è bellissima, tuttavia non sempre la si fa apprezzare a dovere nei licei (io per primo l’ho amata tardi); inoltre c’è da aggiungere che non si tratta di una lettura semplice perché spesso appesantita dagli intervalli filosofici che ne rallentano un po’ il ritmo. Ho provato a riproporre degli episodi che ho trovato affascinanti, in una forma più appetibile all’adolescente di oggi (gli scontri e la violenza non sono mai mancati nell’epica classica), facendo attenzione a non alterare la storia e le caratteristiche del mito: in pratica, ho cercato di trovare una chiave di avvicinamento alla letteratura greca per chi non la digerisce ancora nella sua forma originale”.

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Quindi un libro adatto a tutte le età, molto originale che noi di Letterando consigliamo e vi consigliamo anche di tenere d’occhio questo autore emergente che non mancherà di regalarci ancora sorprese e successi.

GIUSEPPE DI BATTISTA, autore di: L’ALBA DI UN GIORNO NUOVO.

Giuseppe Di Battista

Giuseppe Di Battista

Carissimi amici di Letterando oggi ho il piacere di presentarvi Giuseppe Di Battista, un autore davvero simpatico. Leggendo le sue note non ho potuto che sorridere e mi sono sorpresa ad annuire spesso trovandomi d’accordo con le sue considerazioni. Il percorso che intraprende un autore emergente è formato da numerose tappe alle quali si arriva rimbalzando da una delusione all’altra sperando di infilare prima o poi la buca giusta pur senza crederci troppo. A fare gli autori, di questi tempi, si finisce col diventare filosofi, mi viene da dire. Bene, allora ecco cosa ci racconta di se Giuseppe (nome d’arte Joe Diba) in questa “autointervista” che simpaticamente ci regala

L'alba di un giorno nuovo

L’alba di un giorno nuovo

L’INTERVISTA ALL’AUTORE DELL’ALBA DI UN GIORNO NUOVO.

“MI E’ VENUTA L’IDEA DI UN’ INTERVISTA IMMAGINARIA TRA LE DUE ANIME DI ME STESSO.

GIUSEPPE DI BATTISTA INTERVISTA JOE DIBA SCRITTORE ALTER EGO AUTORE DEL ROMANZO.

COSI’, MI SONO DIVERTITO A FARE QUESTO GIOCO DELLE PARTI. “

GDB: Parlami della tua ultima opera L’alba di un giorno nuovo.

JOE DIBA: E’ un romanzo che ha avuto una lenta incubazione, Per spiegare il percorso che ha visto l’idea, la creazione e la finalizzazione di questo romanzo devo raccontare alcune cose di me.

GDB: Sono qui per questo, ti ascolto.

JOE DIBA: La mia attività di scrittore è cominciata nel 1993, dopo che due episodi mi hanno segnato la vita, uno negativo e l’altro positivo: la morte di mio padre in seguito ad una malattia, e la lettura de ” LA PROFEZIA DI CELESTINO” di James Redfield. Ho scritto un noir dal titolo IL SAPORE DELLA NOTTE. Ho partecipato a diversi concorsi e li ho fatti valutare da innumerevoli case editrici, ma non è andata bene. Sappiamo tutti come è difficile riuscire a farsi pubblicare. Per anni ho mollato un po’ la presa, poi ho deciso di proseguire a scrivere per il piacere di farlo e di autopubblicarmi, così recentemente ho partecipato al TORNEO LETTERARIO DI “IO SCRITTORE”, in cui mi sono divertito e ho ritrovato la voglia di scrivere, ed è in quel momento che è nata l’idea che ha ispirato L’ALBA DI UN GIORNO NUOVO…

GDB: E quale sarebbe questa idea?

JOE DIBA: Volevo unire il piacere di scrivere al mio percorso interiore, e di approfondire la conoscenza di alcuni temi esistenziali e dei misteri universali condividendoli con gli altri. Il romanzo così ha cominciato a prendere consistenza.

GDB: Beh, un po’ tutti gli autori scrivono per questo e amano farsi leggere.

JOE DIBA: Si è vero.

GDB: E allora dov’è la novità?

JOE DIBA: Il mio scopo è un po’ più profondo. Credo di avere raggiunto LA CONSAPEVOLEZZA e ciò mi ha aiutato a capire molte cose della vita e in parte anche il suo senso e voglio condividerlo con gli altri, non facendoli passare come verità assoluta ma confrontandomi con le esperienze degli altri. Anche perché ognuno di noi ha il suo OLEOGRAMMA DI VITA tutte le esperienze sono uniche e soggettive.

GDB: Credo di aver capito ma non voglio rovinare la sorpresa a chi leggerà il romanzo.

JOE DIBA: Ti ringrazio per questo. Poiché il romanzo è una specie di trhiller e molte rivelazioni vengono svelate capitolo dopo capitolo. Non voglio essere irriverente con il paragone, né essere presuntuoso ma L’ALBA DI UN GIORNO NUOVO è una via di mezzo tra la PROFEZIA DI CELESTINO ed il CODICE DA VINCI.

GDB: Wow, se le aspettative vengono rispettate è un romanzo da divorare.

JOE DIBA: Chi è interessato a leggerlo, lo potrà trovare in versione cartacea sul sito “IL MIO LIBRO” e presto può ordinarlo in qualsiasi libreria Feltrinelli, ed in versione e-book sul sito “LULU”. Per chi vuole approfondire i temi inerenti al romanzo, visiti il mio blog su libero ” IL VIANDANTE: VIAGGI NELLA FANTASIA.

GDB: Grazie per le informazioni e buona fortuna.

Grazie davvero Giuseppe/Joe. Ora che hai seminato una sana curiosità in noi che leggiamo di te, di te vogliamo sapere di più:

BIOGRAFIA. Giuseppe Di Battista (Joe Diba-pseudonimo) nasce il 24 gennaio del 1965 a Gonesse (S. et O.) in Francia da genitori italiani emigrati per lavoro. Trasferitosi a Torino, dove vive tuttora, frequenta le scuole dell’obbligo e poi frequenta l’istituto per geometra. Dopo il servizio militare entra alla Fiat e ci resta per quasi sei anni con diverse mansioni, da operaio generico a conduttore d’impianti di linea e infine collaudatore di vetture su strada, pista e rulli. Dopo la morte di suo padre a causa di un male incurabile Giuseppe entra in crisi e lascia la Fiat per andare a lavorare in un magazzino di ricambi. La tragedia della morte del padre lo porta a percorrere un percorso spirituale, comincia così la ricerca alle domande esistenziali. Si avvicina alla New Age, rimanendo fulminato dalle letture de “La profezia di Celestino” e “L’alchimista”. Sempre in questo periodo comincia la sua attività di scrittore e nasce così il suo primo romanzo “il sapore della notte” un noir che ha molti spunti autobiografici, seguito da “specchietto per le allodole” un thriller alla Die Hard, e Arma Letale. Un’operazione ambiziosa anche perché lo costringe a fare diverse ricerche e studi, poiché Giuseppe non è mai stato a New York, dove è ambientato il romanzo (Salgari insegna che si può scrivere con successo e attendibilità anche di luoghi mai visitati). Partecipa con questi due romanzi al premio letterario L’AUTORE con entrambe le opere, non vince ma gli viene proposta una pubblicazione con partecipazione. Giuseppe non accetta per motivi finanziari ma anche di principio, poiché se qualcuno offre un servizio, in questo caso, una storia da fare leggere, deve essere pagato e non pagare. Ecco che così negli ultimi tempi Giuseppe Di Battista decide di auto pubblicarsi, e nasce la nuova opera letteraria “l’alba di un giorno nuovo”. Ormai quarantanovenne sposato, con un bambino di sei anni e con un lavoro abbastanza sicuro come magazziniere da più di quindici anni, Giuseppe se non viene pubblicato se ne fa una ragione e scrive solamente per il piacere di farsi leggere. Attività recenti:

partecipa alle preselezioni per il talent sulla scrittura Masterpiece in onda su Rai tre, ma senza fortuna.

Ha partecipato a “Io Racconto”, a Pesaro e ad altri concorsi letterari per romanzi e racconti, alcuni ancora in corso, tra i quali questo di Casa Sanremo writer. http://blog.booksprintedizioni.it/news/item/678-thriller-a-casa-sanremo-writers L’alba di un giorno nuovo è stato auto pubblicato su Il mio libro e con codice ISBN su La Feltrinelli. Ha scritto due raccolte di racconti: Veli nella realtà e Joe Diba, il Narratore. Specchietto per le allodole fu scritto e terminato più di 20 anni fa, inviato a varie case editrici, ha avuto una buona valutazione da parte di una casa editrice prestigiosa, che però ha consigliato alcuni miglioramenti, e una variazione nel finale. Ripreso negli ultimi tempi da Giuseppe che ha fatto tesoro dei consigli ricevuti, questo thriller ha avuto una seconda vita. L’autore ha variato anche il titolo in Blackout-tutto ebbe inizio quella notte…, che gli ha portato fortuna, poiché fa parte dei 19 finalisti di Casa Sanremo Writer 2014.

Un percorso di tutto rispetto, mi inchino alla perseveranza, alla tenacia e alla capacità che dimostri nel saper distillare gli insegnamenti positivi da ogni esperienza quindi, ora ci regali una perla della tua saggezza?

Ragazzi i giudizi sono soggettivi e lasciano il tempo che trovano. Non bisogna abbattersi per un brutto giudizio, né esaltarsi per uno positivo. Si cerca di isolare il proprio ego e fare tesoro dei consigli del giudicante. Non importa che sia un addetto ai lavori o un lettore qualsiasi, in fondo chi pubblica un romanzo non fa la radiografia ai lettori, ma contano i numeri di vendita, la posizione in classifica e il denaro guadagnato. I concorsi servono per farsi conoscere e in caso di piazzamento per fare curriculum, quindi si prende tutto in modo disincantato. Ho fatto parecchia esperienza in vari concorsi più o meno prestigiosi e la polemica non è mai mancata. A Io scrittore giudicavano gli scrittori in gara basandosi solamente sull’incipit, e vi garantisco erano spietati. A Masterpiece avevamo fondato un gruppo e i commenti erano come qui, acidi, pieni di livore e invidia, ci chiamavano i Rosiconi. Chi vince va sempre sulla graticola. Per concludere a CasaSanremo Writers io sono arrivato tra i 19 finalisti su più di 400 autori, ho fatto un’intervista al Palafiori e mi sentivo quasi un divo. Il mio romanzo era inedito…e tale è restato. Dalle mie parti si dice, finita la festa, finito il brio. Buona serata a tutti.

Buona serata e buona vita a te Giuseppe e un sincero augurio di un futuro carico di soddisfazioni.

Il mondo soft erotico di Lily Carpenetti: tra fantasy e “gender short-stories”.

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L’ospite esordiente di oggi su Letterando si chiama Lucia. Ciao Lucia, benvenuta nel nostro blog, ti andrebbe di presentarti ai nostri lettori?

Mi chiamo Lucia Carpenetti, ho quarant’anni e sono la mamma di due bambini di 10 e 7 anni. Vivo e lavoro a Trieste, dove opero nel campo del sociale, avendo svolto per dieci anni il lavoro di educatrice con bambini di varie età e, attualmente, come assistente ai disabili.

Cosa ti ha spinta ad avvicinarti alla scrittura?

Ho sempre avuto la passione per la scrittura, anche a scuola creavo storie, poesie e opere teatrali. Al liceo ero molto attiva a contribuire alla pagina dedicata agli studenti da il quotidiano locale Il Piccolo e, l’ultimo anno, ho vinto un premio in buoni libri per una recensione letteraria.

Per vari impegni, lavorativi e familiari, ho accantonato un po’ questa mia attività, dedicandomi solo saltuariamente a recensioni di fumetti e cartoni animati per una fanzine e la Casa Editrice Edi Periodici di Milano. Dal 2011 ho ricominciato un lavoro più serio in campo letterario, iniziando a partecipare a vari concorsi nazionali con racconti originali di vario genere. Ricevendo una discreta soddisfazione dai risultati, mi sono messa d’impegno in questa attività parallela.

È così che sono approdata a Lite Edition, una giovane casa editrice digitale che tratta perlopiù letteratura erotica, riproponendo il genere del feuilleton, genere largamente usato sui quotidiani del 1800 dove un romanzo usciva a puntate.

Parlaci di questa iniziativa.

Sono già alla terza serie di racconti per questa casa editrice in costante crescita. Come dicevo si tratta di racconti legati, ma che possono venir letti anche come prodotto a sé stante.  Le raccolte pubblicate finora sono tre: È amore… composto da 5 racconti, Fashion in 3 capitoli e Virus, l’ultimo, in quattro parti, concluso da circa un mese.

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Puoi spiegarci meglio come funziona la pubblicazione a puntate?

Le mie opere per Lite Editions sono strutturate in questo modo: un romanzo a puntate per un paio di euro a capitolo.

Le prime due serie sono di genere M/M (gay), un tipo di storie che mi stanno molto a cuore; adoro inventare intrecci amorosi tra ragazzi bellissimi. Questo fenomeno sta iniziando a crescere solo ora in Italia (anche la Harmony ha iniziato a pubblicare storie M/M), ma sono molto popolari in America e Giappone.

A tal proposito, un mio nuovo racconto di genere M/M è attualmente in valutazione alla Lite.

Parlaci dell’ultima serie.

Ciò che lega i quattro capitoli della serie Virus è la partenza onirica che introduce il racconto. Il sogno che apre il primo episodio della serie era stato ideato per un concorso, ma già durante la stesura mi era venuta l’idea di ampliarlo per un progetto più ambizioso.

Devo dire che questo lavoro è stato molto apprezzato: è una serie erotica che presenta elementi sovrannaturali, i vampiri. In definitiva, è una storia di avventura con un pizzico d’eros in più.

Chi sono i personaggi?

Si potrebbero etichettare come i classici protagonisti delle storie per adolescenti: Felicia è la tipica ragazza perbene, un po’ inesperta, mentre Victor è l’outsider per eccellenza. Ma sono caratteri tenaci e appassionati che troveranno la forza l’uno nell’altra per salvare il loro amore e l’esistenza dei loro cari. Inoltre, per una volta, è il vampiro a correre il pericolo maggiore, ma questo potrete scoprirlo da soli.

Quindi, in definitiva, si potrebbe dire che ti sei ispirata alla saga di Twilight. In cosa si differenzia dall’originale? Cosa hai introdotto di nuovo?

Veramente c’è una contaminazione un po’ di tutti i romanzi sui vampiri. Il sogno che introduce il primo capitolo ricorda molto il Dracula classico di Bram Stocker, ma ho usato espedienti visti in Buffy, Intervista col Vampiro e Supernatural per arricchire il plot. D’altra parte, anche Stephenie Meyer si è ispirata alla serie TV Roswell.

Diciamo che, con Twilight, Virus condivide l’inizio al liceo, ma poi i personaggi sono molto diversi, specialmente i vampiri che non hanno tra loro un rapporto idilliaco come i Cullen, ma sono più un branco assoggettato a un capo.

Per concludere l’intervista perché non accenni brevemente ai tuoi lavori indicando ai lettori dove possono trovarti?

Alcuni racconti sono inseriti nelle antologie “Robot Ita 0.1” della Edizioni Scudo; “Tessisogni” e “Asylum 100” della St Books; nonché nell’e-book gratuito del Consorzio AST Vigevano “Nella Stanza della Duchessa”. Inoltre potete trovarli su tutte le principali piattaforme digitali o direttamente dai siti delle case editrici. Il primo racconto lungo che ho pubblicato, anche in cartaceo: Lo Splendore delle Tenebre, raccolto nell’antologia Tessisogni della GDS, quello sì che, pur parlando di fate e non di vampiri, è stato paragonato a Twilight! Ma la fine è molto diversa da quella degli altri protagonisti. Per la stessa casa editrice, ho partecipato anche all’antologia Asylum 100, con un racconto horror.

Inoltre, due miei racconti di genere fantastico sono presenti nel loro catalogo, anch’essi usciti da concorsi promossi dalla casa editrice stessa. Mi piace il genere Urban Fantasy, forse perché vivo costantemente con la testa tra le nuvole. Per “Riflessi dal Passato” sono partita da un’idea più ampia, che forse un giorno svilupperò in romanzo, qui si parla di fantasmi.

Mentre “Cenere”, disponibile sia in monografico che all’interno dell’antologia Dreamscapes 2, parla di un angelo caduto; è una storia molto intensa, con personaggi appassionati, pur non presentando scene d’amore.

Rimanendo legata al genere M/M, ho colto al volo i concorsi della Triskell Edizioni che sta sdoganando alla grande questo filone.

Per “Racconti Sotto L’Albero 2014” ho proposto una storia tra due ragazzi molto diversi tra loro, ma accomunati dalla stessa fame d’amore. Mentre “La Lanterna dei Sogni” è la prima antologia di fiabe a tematica LGBT e io mi sono ispirata a Cenerentola, ma il principe sceglierà diversamente il suo compagno di vita.

Quali sono i tuoi progetti, di cosa ti stai occupando attualmente?

Continuo a partecipare a concorsi letterari con i miei racconti e lavoro a progetti più consistenti, per esempio sto ultimando un romanzo lungo e continuo a proporre agli editori i miei romanzi per ragazzi. Spero che il 2015 mi porti fortuna anche per le opere più lunghe.

Te lo auguriamo, a presto!

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Anton Francesco Milicia racconta la sua “Contrada”

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Ce n’è voluto per far capire alla gente che Contrada non c’entrava niente  con Bruno Contrada, brillante questore di Palermo caduto in disgrazia nel 1992. Contrada (delle Case Vecchie), tentavo di spiegare a chi cadeva nel deprimente luogo comune,  è un nome inventato, scelto apposta per dare l’idea di un non luogo, appunto una Contrada qualsiasi del pianeta, che tuttavia finiva per identificarsi senza alcuna ombra di dubbio con la mia città in Calabria, Locri, viste le descrizioni precise di vie, palazzi, bar e perfino persone nelle quali mi avventuravo.

Era questo uno dei tanti mal di testa che chi si cimenta nel ruolo di scrittore finisce per dover accettare. E mi sono accorto così, giorno dopo giorno, che uno scrittore è un po’ come un giocoliere. All’inizio lancia in aria un birillo. Facile anche con una mano riprenderlo e rilanciarlo. Ma subito ne deve lanciare un altro, e poi un altro. E diventa sempre più difficile coordinare i gesti per non far cadere i birilli per terra. Poi non contento aggiunge anche delle palle, e le sue braccia diventano un mulinello continuo in cui afferra un birillo e lancia una palla, afferra una palla e lancia un birillo, costretto a destreggiarsi in una maniera che non gli lascia scampo fin quando non rimetterà tutto a posto, sempre se ci riuscirà. Sono tanti infatti i birilli e le palle che cadono per terra mentre si tenta di farli volteggiare, e non è sempre facile riprenderli. Alcuni rotolano via e si nascondono maliziosi,  per provocare  al momento meno opportuno quello che uno scrittore più teme: il plot hole. Il buco della trama, la contraddizione che, puntualmente, quando sei arrivato alla fine ti costringe a riscrivere capitoli interi, o comunque a modificare qua e là a macchia di leopardo diverse parti del testo per adattarle all’evoluzione della storia.

foto copertina Contrada

E i mal di testa aumentano sempre di più, ma quelli almeno sono la garanzia che il lavoro sta procedendo bene.

Nel mio caso diciamo che sono partito al buio, con una suggestione in testa o poco più, avventurandomi in un territorio sconosciuto senza alcuna precauzione. Mi sono così ritrovato in una contrada selvaggia, un territorio ostile costellato dalle sabbie mobili dei luoghi comuni, dalle piante spinose degli  avverbi e dalle sorgenti avvelenate dai plot holes, una tribù di quelle veramente cattive. Sopravvivere è quasi impossibile in queste condizioni ambientali, specie se ti accorgi che le tue borracce si sono quasi subito svuotate.

E comunque annaspi, boccheggi, ci provi, magari chiedi aiuto silenzioso ai grandi nomi. Ti rileggi i libri che più ti sono piaciuti e cerchi di capire quali sono i meccanismi occulti che fanno funzionare le storie.

Sotto sotto, però, qualcosa piano piano germoglia. Non riesci a capire cosa possa essere, ma se trovi il modo per evitare che rinsecchisca subito sei già fortunato.

È lo stile. Il tuo stile: che bello o brutto resta comunque il tuo. Lo stile comincia quando in qualche modo ti rendi conto che scrivere non è la stessa cosa che raccontare, e quindi eserciti una azione di forza mentale. Ti spremi il cervello, come direbbero nei fumetti. Ed ecco perché i mal di testa servono agli scrittori.

Credo che tuttavia lo scrittore abbia un’altra grande peculiarità che lo contraddistingue dal semplice narratore. Lui infatti vive costantemente la sua dimensione di scrittore, anche e soprattutto quando non scrive. Il suo cervello si muove sempre verso la ricerca di idee, spunti, soluzioni, dialoghi. Tutto materiale che trasferisce ingordamente dal mondo reale nei suoi spazi mentali.

Il bello è che questo singolare processo osmotico avviene nelle maniere più strane e a volte anche simpatiche. A me ad esempio capita sotto la doccia di avere le idee più interessanti ed a volte risolutive, ed ecco spiegato perché è d’estate che mi capita di produrre meglio e di più.

foto Antonio 2E dunque, eccomi qua, già perseguitato da questo Fabbro, il personaggio a cui ho prestato il mio volto e il mio genetliaco, oltre che una massiccia dose di letture e di gusti musicali.

A metà tra il giustiziere e il predatore, è la rappresentazione imperfetta dell’uomo qualunque, e forse è per questo, da vero antieroe, che affascina e convince.

Il Fabbro non lascia nulla al caso, prepara le sue scene macabre ispirandosi alla copertina di un disco dei Pink Floyd, o ad una canzone dei Marillion, fino a costruire il supplizio di una delle sue creature sull’impasto sonoro della stupenda One dei Metallica. Il Fabbro adora la storia dell’Impero romano, è un cultore del latino, cita Kafka, Thomas Mann, Dylan Dog e la Divina Commedia, scrive racconti storici, centrifuga le sue vittime in tormenti indicibili ispirati da maestri dal genio “sterzato”come Dario Argento, Patricia Cornwell, Stephen King e Jeffery Deaver.

Il Fabbro è un po’ Hannibal e un po’ Enigmista. Gli piace giocare con i destini delle sue vittime ed ostentare la sua cultura classica, ma anche la sua conoscenza di libri, musica rock e fumetti. È culturalmente un figlio degli anni ’70, e di quegli anni ha assorbito gli intensi sapori musicali ed un immaginario collettivo denso di cambiamenti epocali nell’arte e nella cultura di massa.

Il Fabbro ha stile, insomma, oserei dire classe, e i suoi gesti non sono mai gratuiti o banali, anche i più apparentemente spietati.

Ma chi è veramente il Fabbro?

Può darsi che, sotto sotto e come diceva Flaubert, Madame Bovary sono io, anche se questo non lo ammetterò mai.

Clicca qui per acquistare il libro di Antonio http://www.amazon.it/Contrada-Delle-Vecchie-Anton-francesco-Milicia-ebook/dp/B00L9MV1HE/ref=pd_sim_kinc_1?ie=UTF8&refRID=0BEYF2HBSRB3C5FN10N3

Dove seguire Antonio https://www.facebook.com/pages/Contrada/1378542429071626

Valentino Eugeni mostra ai lettori di Letterando il suo mondo fantastico

foto Eugeni

Salve,

ebbene sì, sono uno scrittore emergente, lo ammetto. Emergente è il termine esatto in quanto bisogna davvero nuotare a rana per uscire dal marasma scrittorio. Cosa dire di me? Sono un programmatore, ex sviluppatore di videogames, con il pallino istintivo della scrittura. Sono marchigiano doc e amo la letteratura fantastica, sarà per via del paesaggio collinare. Mi piace raccontare storie di uomini, con le loro passioni, i loro drammi, l’oscurità e la gloria che può raggiungere l’animo umano, ma sempre incastonate in  un quadro policromo dove la realtà viene alterata, mandata alla deriva nel fantastico. Questo perché credo che il sogno, l’immaginazione, siano le caratteristiche che rendono speciale l’essere umano e mi diletto nell’esplorarle sia da un punto di vista personale, sprofondando nei miei infiniti universi interiori, sia da un punto di vista narrativo mostrando degli squarci di “realtà alternative” e cercando di tratteggiarle in modo che il lettore non legga ma “veda”.

Quella che voglio presentare non è la mia opera prima, semplicemente, è la prima che ho avuto davvero il coraggio di presentare. Tendo a essere un po’ perfezionista… mea culpa.  Ho numerosi scritti sparsi qua e là nel mondo delle raccolte e dei concorsi. “Macchine” e “Time Machine” di Limana Umanìta, per fare un esempio, e sono stato finalista 2014 del concorso Crysalide Mondadori per il fantasy con il mio racconto “E Parthan ci lasciò vivere” ma solo di recente sono riuscito a pubblicare un romanzo “vero” con un editore “vero”.

Il romanzo in questione, che si intitola “La voce di Nero”.  copertina Eugeni

È un noir ambientato in Bretagna, nel quale vediamo intrecciarsi diverse storie nel corso di poche notti. L’umanità non è sola, non lo è mai stata. Esistono altri esseri umani, umani predatori, che convivono con l’umanità “normale” dalla notte dei tempi e si nascondono perché le due razze non possono davvero coesistere: la paura del buio è qualcosa che non si può controllare davvero. I Notturni fanno del loro meglio per nascondersi e mimetizzarsi ma chi è a conoscenza della loro esistenza li vuole studiare, catturare, sezionare, allevare in gabbie di plastica.

Su questo sfondo si dipanano le varie vicende. Madeleine è una mediocre e viziata pittrice parigina che si troverà invischiata in un rapimento e scoprirà, passo dopo passo, una terribile verità su suo padre, di recente stroncato da un infarto. Vladimir, Margaret e Jacopo partono al salvataggio, nonostante tutti i divieti dei clan, poiché credono che la salvezza dei Notturni dipenda da lei. Sarà vero?

Nel frenetico e crescente avanzare degli eventi, mentre affrontano gli agenti di una misteriosa organizzazione di ricerca genetica nei boschi di Paimpont, si scoprono i legami personali, le motivazioni intime che hanno portato i protagonisti in quel preciso punto, così come andiamo a esplorare quanto dolore può sopportare un uomo, cosa si può fare quando si è perso tutto.

Nel frattempo il romanzo viaggia a ritroso nel tempo, raccontando sprazzi di ricordi, tessendo le trame che hanno guidato gli eventi e, nell’epilogo, si conoscerà anche il principio di tutto. Nasce così una storia di amore, di vendetta, di giustizia, da ricomporre pezzo dopo pezzo, come unire i puntini, fino a vedere l’immagine finale che risponde alla domanda: cosa è successo alla voce di Nero?

Grazie a tutti per l’attenzione e spero di ricevere presto numerosi commenti. Vanno benissimo anche insulti, purché intelligenti ed elaborati.

Valentino Eugeni

Dove seguire Valentino

http://www.valentinoeugeni.it/

https://www.facebook.com/pages/Valentino-Eugeni-Scrittore/593698407339593?ref=hl

Dove acquistare il romanzo

http://www.ibs.it/code/9788867335497/eugeni-valentino/voce-di-nero.html

Una chiacchierata con Paola Pulvirenti

foto paola pulvirenti

Ciao Paola, benvenuta sul blog di Letterando. Prima di iniziare l’intervista ufficiale toglici una curiosità: come ci hai conosciuto?

 

Vi ho conosciuto tramite Facebook. Nel famoso social conosco molti scrittori e ho notato il vostro blog in una bacheca. Sono andata a vederlo, vi ho trovato interessanti e ho deciso di contattarvi. La cosa che mi ha colpito di più è stata la sensazione che ho avuto leggendovi, quella cioè di qualcuno che ha voglia di dare realmente un’opportunità agli scrittori e non di qualcuno che vuole solamente specularci sopra.

 

 

Parlaci un po’ di te, chi sei, cosa fai?

 

Sono Paola, ho 27 anni e scrivo essenzialmente per me stessa. Non saprei dire esattamente perché, per me scrivere è come respirare, qualcosa che ho sempre fatto. Attraverso la scrittura riesco a esternare le mie emozioni dato che, essendo una persona molto timida, ho difficoltà a comunicare i miei sentimenti a voce. Un’altra passione che coltivo da sempre è il nuoto, ma per quello devo ringraziare la mia famiglia e il mio istruttore che mi faceva lezioni private dato che mi rifiutavo anche di entrare in acqua! Amo il teatro e il cinema, mi diletto a scrivere anche sceneggiature, testi per canzoni e, di tanto in tanto, a recitare. Purtroppo attualmente non ho un lavoro stabile, faccio diversi mestieri, una specie di jolly insomma, sempre con la speranza che in Italia venga finalmente eletta al governo la parola Meritocrazia e cada invece la Raccomandazione!

Parliamo del tuo libro, “Il calore dell’amore”, è la tua prima pubblicazione e di cosa parla?

 

È il mio primo racconto breve. La storia parla del piccolo Luca, un bambino che si trova ad affrontare un viaggio durante il quale incontra diverse “realtà” e vari personaggi che lo accompagneranno e lo guideranno spiegandogli l’importanza dell’amore, dell’affetto e dell’amicizia.

 

Qual è il messaggio che vuoi dare attraverso il racconto?

Nel racconto vengono sfiorate tematiche sociali come la violenza sulle donne, l’aborto, la discriminazione ecc. Aspetti visti attraverso gli occhi di un bambino che non capendo prova a ipotizzare risposte alle sue domande ingenue. È un libro che dà molta importanza alle scelte, giuste o sbagliate che siano, e che ricorda che per ogni scelta c’è sempre una conseguenza. Con questo non voglio imporre il mio punto di vista lasciando al lettore la facoltà di scegliere, anche perché un racconto, così come l’ascolto di una canzone, è qualcosa di molto soggettivo e ognuno di noi interpreta i fatti secondo il proprio stato d’animo e le esigenze di quel momento.

Lo stile che utilizzi nel racconto è molto semplice e lineare, ci spieghi i motivi di questa scelta?

Ho voluto utilizzare uno stile molto semplice e comprensibile per due motivi: il primo perché le vicende sono raccontate attraverso gli occhi di Luca che, appunto, è un bambino. Il secondo perché volevo far avvicinare tutti alla lettura. Leggere apre la mente e rende liberi e tutti devono aver la possibilità di farlo senza alcuna distinzione. Motivo per il quale anche il
prezzo del libro è irrisorio: solo 5 euro.

Perché hai scelto il tema del Natale, cosa vuoi rappresentare attraverso la scelta di quest’ambientazione particolare?

Il Natale qui è inteso un po’ come una magia, un Natale che rappresenta la nascita.

Quanto c’è di te in ciò che racconti?

 

Nei miei racconti, anche in quelli apparentemente più lontani dalla realtà, come quelli di fantascienza ad esempio, c’è sempre un po’ di me e della mia vita. Anzi, potrei affermare che è attraverso i miei racconti che mi presento a chi non mi conosce. Curiosando dentro i miei libri, infatti, il lettore potrà ritrovare alcune sfaccettature del
mio carattere all’interno dei personaggi.

 

libro Pulvirenti

La copertina è molto particolare, te ne sei occupata tu?

 

Le immagini e la copertina sono interamente disegnati a mano e sono state realizzate dagli illustratori Corrado e Antonino Sambito. L’immagine è dedicata e ispirata a una ragazza che mi ha sempre invogliata a pubblicare i miei lavori. Lo scopo dell’immagine è soprattutto quella di mostrare attraverso lo sguardo “un cuore veramente buono”, perché è questo che lei rappresenta per me, oltre a moltissime altre qualità illustrate nel libro. Qualità che, a mio parere, se ognuno di noi possedesse anche in piccola parte, il mondo sarebbe decisamente migliore!

Da quanto ho potuto capire dietro questo progetto c’è un gruppo molto giovane.

 

Sì, è vero, il curatore editoriale, Federica Cucinotta, l’editore, Paolo Lombardo e la sottoscritta (Paola Pulvirenti ndr) siamo tutti giovani e abbiamo creduto in questo progetto, l’abbiamo realizzato in amicizia perché è solo lavorando insieme che si ottiene qualcosa.

Dove seguire Paola:

https://www.facebook.com/paoletta.polly.75

In viaggio con Laura Virgini

laura virgini

Carissimi seguaci, oggi Letterando vi presenta Laura Virgini, scrittrice esordiente.

Laura Virgini è l’autrice di IL VIAGGIO, editore Booksprint, pubblicato il 9 dicembre 2012. copertina flessibile: 106 pagine (ISBN-10: 8867426494   ISBN-13: 978-8867426492)

Cara Laura io inizierei la nostra chiacchierata parlando del tuo libro e di ciò che racconta.

Se ho ben capito, si tratta di un libro autobiografico, quindi prenderemo i classici “due piccioni ecc. ecc.” parliamo del libro e conosciamo te, tutto in uno. IL VIAGGIO racconta, appunto, di un viaggio ed io mi fermo qui, mi scuso con te perché non ho ancora letto il libro, questa volta lascio il compito all’autore di incuriosire me e tutti voi che ci seguite.

Detto questo, la prima domanda è ovvia: che tipo di viaggio hai fatto con questo romanzo?

 

Un viaggio verso una spiaggia chiamata “maternità”. Il viaggio più bello, più entusiasmante, più difficile che una donna possa fare.
Purtroppo non sempre i viaggi portano dove vogliamo, ma che importa, non è meraviglioso godersi il panorama?
Tu parli di ‘viaggio verso la maternità’, a un lettore disattento potrebbe sembrare una cosa normale, due persone si amano decidono di unire le loro vite e di avere dei figli. Il percorso è semplice, ma spiegaci bene, dove sta la difficoltà di cui parli e dacci qualche anticipazione sulla storia che racconti nel tuo libro, insomma com’è il panorama di cui parli?

 

 

Inizialmente io e mio marito decidiamo di avere un bimbo. Resto incinta. Alla prima ecografia mi viene detto che potrebbe essere una gravidanza non evolutiva. A circa dieci settimane lo perdo. Aborto spontaneo. Ci riproviamo. Resto incinta per la seconda volta. Altro aborto spontaneo. E così anche per la terza gravidanza. In seguito ad esami clinici fatti ho scoperto di avere un rarissimo problema cromosomico (forse unico al mondo!), per cui se lo trasmetto al feto lo perdo. Solamente nel caso di un feto femminile riuscirei a portare avanti la gravidanza. A questo punto decidiamo di sottoporci a una fecondazione assistita con diagnosi pre-impianto (per selezionare un feto femminile). Non in Italia, perché non si può. Purtroppo fallisce, e mi dicono che produco solamente ovuli malati. Non sarò mai mamma. Non mi arrendo. Provo con una fecondazione eterologa. Fallisce anche questa. E con lei finiscono i nostri soldi e la possibilità di tentare di nuovo. Eppure, non smetto di crederci. Infatti (ma questo si racconta nel prossimo libro) dopo soli tre mesi resto incinta per la quarta volta, solo che… dopo nove mesi arriva Gaia!

Bene! La tua è una storia a conclusione felice e ne descrivi una parte sul romanzo IL VIAGGIO. Ci anticipi che ne seguirà un secondo, l’hai già scritto? Hai anche il titolo? L’hai già pubblicato o sai quando uscirà?

Sì, il secondo è pronto per essere edito, si intitola semplicemente “Gaia”, il nome del mio miracolo.

Perché hai sentito la necessità di scrivere un romanzo raccontando di questa difficile esperienza? Qual era il tuo obiettivo e l’hai raggiunto?

 

Sinceramente tutto iniziò per caso. Scrivevo su un forum quello che stavo vivendo emozioni, rabbia, tutto! Ogni volta che scrivevo qualche lettrice, al di là dello schermo, mi diceva: “Perché non pubblichi la tua vicenda? È ciò che proviamo tutte, se la condividi, non potrà che far bene a chi vive le stesse cose”.
E così l’ho fatto. La cosa più bella è stata leggere le tante recensioni che mi sono arrivate su facebook in privato: donne che mi ringraziavano per aver parlato di un argomento così delicato.

Sì, direi che l’argomento non è dei più leggeri, ma ora che hai finito anche il secondo libro, immagino non ti fermerai e allora che cosa ti piacerebbe scrivere? Su quale genere ti piacerebbe mettere alla prova il tuo talento?

 

Ehm… ho quasi pronto un libro semi – serio, in cui parlo degli “esemplari” di maschi italiani con cui ho avuto modo di imbattermi nella ricerca del principe azzurro. Un elenco divertente e ironico, un libro diviso in capitoli, in cui ogni capitolo rappresenta la categoria di uomo (es. “Il sillogista”: ho capito di amarti, non voglio soffrire, per cui… ti lascio! )

 

Molto bene cara Laura, ora convinci tutte le persone che non hanno ancora letto il tuo libro e stimola la nostra curiosità in un tweet o poco più.

 

Semplicemente, se avete voglia di emozioni forti, vere, se avete voglia di far vibrare per un attimo la vostra anima, leggete questo viaggio. Vi garantisco che non avrete il tempo di annoiarvi!

 

Allora buon VIAGGIO a tutti!

Noi ringraziamo Laura Virgini per essere stata ospite di Letterando e aver condiviso con tutti noi un po’ di se.

Buone letture a tutti.

 

 

http://www.booksprintedizioni.it/libro/romanzo/il–viaggio

Jenny Rizzo alla conquista di un posto al sole su Amazon

Jenny Rizzo foto

Da piccola volevo fare la poliziotta, volevo catturare i cattivi e proteggere i buoni. Ho indirizzato la mia vita perché potesse andare così, peccato non aver fatto i conti con madre natura: ben 6 cm in altezza in meno e 9 diottrie mancanti in totale. I criteri di selezione all’ingresso per i corpi armati sono peggio dei locali di Corso Como a Milano… se manca la cravatta, o il tacco, sei out!

Allora che fai? Cerchi di imbroccare la stessa strada percorrendo le vie alternative, le strade laterali, sconosciute insomma, cerchi il piede di qualcuno che possa gentilmente accompagnarti sulla soglia, verso l’interno. O meglio, cerchi di adattarti alla situazione e al mood e cerchi di comportarti come tutti. Ma tu non sei tutti. Tu sei Jenny e non conosci nessuno, e non sei nemmeno capace di fare quello che gli altri fanno perché altrimenti l’uniforme sarebbe già parte di te.

Facendo tesoro di tutte queste avventure, disavventure, messe nero su bianco in una raccolta di pensieri nascosta in fondo al cassetto della tua cameretta, cambi strada totalmente. È a questo punto che inizio a pensare che la scrittura forse è il mio futuro. Il mio volontariato, che poi è diventato lavoro, pur sempre volontario o sottopagato, in ambito penitenziario mi ha mostrato cose che voi umani non potete immaginare. Storie, emozioni, sentimenti, persone, personaggi e ricordi. Ho deciso che tutto quello che vivevo doveva essere portato alla luce del sole, fuori dal grigio carcere e lontano dalle gelide sbarre di ferro. Così, per non rischiare di dovermici impiccare ad una di quelle sbarre di ferro per la disperazione di non avere un lavoro pagato, me lo sono inventata quel lavoro di scrittrice. Ho scartabellato quei mille fogli di pensieri di cui sopra finiti dal cassetto alla scatola dei ricordi, tirandone fuori il meglio da unire a racconti dal carcere. Il libro era pronto in 48 ore. Mi sono fatta aiutare da una persona cara a realizzare la copertina: i colori li ho scelti io perché lui li percepisce in maniera aliena. Giunti al momento fatidico dico: “e ora come lo pubblico?”. Semplice, con Amazon! È la nuova spiaggia su cui milioni e milioni di aspiranti scrittori sbarcano alla ricerca del tesoro perduto: la fama. Pare funzioni questo nuovo modo di fare carriera.

Sì, certo, se hai un sacco di tempo libero da dedicare al marketing e alla comunicazione del tuo libro e di te stesso, allora forse sì che la fama arriva, altrimenti le 30 copie vendute saranno quelle comprate da cugini, zii e vicini di casa. Se sei fortunato come me e hai origini meridionali, con una famiglia molto vasta, allora puoi anche arrivare alle 45 copie vendute; 15 utilizzate per accalappiare nuovi contatti utili; di queste 15, probabilmente 10 saranno finite sul fondo delle librerie dietro trattati internazionali di diritto penale. Ma non mi importa. Il risultato ottenuto, per il momento, è quello che desideravo: creare curiosità attorno ad un argomento ostile per natura, difficile da approcciare e spesso additato come di poca importanza. I complimenti arrivati, le (poche) recensioni ottenute, i camei in radio e su riviste a tema de “Oltre il pensiero delle sbarre” sono nutrimento per il mio ego e per i miei pensieri che stanno mettendosi al lavoro per produrre la mia seconda opera. Probabilmente anche questa finirà sulla stessa spiaggia Amazon, dove mi aspettano già il mio telo mare e il mio cocktail di benvenuto, perché le poche case editrici disposte a pubblicare libri sul tema carcere mi chiedono dei soldi per farlo, ma io non cedo a compromessi, prima o poi sarò una scrittrice come le altre, una che non deve pagare per essere pubblicata.

di Jenny Rizzo

Dove seguire Jenny

https://www.facebook.com/pages/Jenny-Rizzo-criminologa-e-scrittrice/247705702067278

http://www.jennyrizzo.wordpress.com/

“Perché scrivo ” di Stefania Fiorin

foto Stefania F.
Perché scrivo? Era scritto: questione di karma.
Lo spiego meglio: sono nata in una famiglia dove tutti i componenti hanno gli occhi scuri, tranne due, con il colore del cielo: Isolina, classe 1895, scrittrice, e me.
Decine di volte mi sono sentita ripetere che ho ereditato i suoi occhi ed è vero, posseggo una sua foto d’epoca dove, anche in bianco e nero, emerge lo sguardo trasparente che conosco.
Un segno?
Sono una sognatrice, sogno molto di notte, e anche di giorno purtroppo!, e sono, da sempre, una curiosa lettrice.
Negli anni ho scritto diari, lettere speciali, poesie e racconti che ho letto solo io e ho abbandonato in un cassetto.
Una notte  mi è apparso in sogno un amico che vive lontano ma a cui sono legata da profondo affetto e che diceva convinto: – Scrivi, scrivi – indicandomi una scrivania.
-Sì, va bene, scriverò, ma cosa?
Non ha terminato il messaggio, nessuna indicazione.
Ci ho pensato un bel po’ a quel sogno.
Mesi dopo, al bar dove di solito inizio la giornata con caffè e una fragrante brioche, ho incontrato una conoscente, scrittrice affermata.
Parlando del suo ultimo libro mi ha informata che stava per iniziare un corso di scrittura tenuto da lei, poteva interessarmi? Certo! Mi sono iscritta e ho partecipato, con grande interesse.
Grazie alla sua scuola, alla sua capacità di riconoscere in me un talento anche se ancora in erba, alla sua amicizia, alla sua costanza nel riprendermi negli errori e correggermi con sensibilità e rispetto, la passione per la scrittura “seria” mi ha conquistata. Ho imparato molto, sotto il suo costante incoraggiamento e non sono mancati scambi di pareri non condivisi ma utili. Se fosse stata un’insegnante meno sensibile sono certa non sarei diventata quello che sono.
Ho potuto terminare il mio primo racconto iniziato e mai completato, l’ho inviato a un concorso letterario senza aspettative e ha vinto il primo premio per la narrativa.
Incoraggiata dagli eventi ho continuato a partecipare a corsi di scrittura e a scrivere, ho ottenuto premi, pubblicazioni, menzioni d’onore; per me una gioia infinita, indescrivibile.
Nel 2012 ho ricevuto una prima proposta da un editore locale, non mi sentivo pronta e, a fatica, l’ho rifiutata.
Ho continuato a lavorare, a cercare una scrittura più accurata e nel 2013 ho dato vita a un mio progetto realizzando un piccolo libro da cui è stata tratta una pièce teatrale contro la violenza sulle donne, nel titolo c’è la parola “ karma”, un altro segno ?
Grazie alla Delos, il 21 ottobre è uscito un ebook con un mio nuovo racconto breve, “Sveva”, che ha raggiunto il secondo posto nella classifica dei TOP 100 , i più venduti su Amazon, e la mia felicità è salita alla stelle.
Vivo momenti magici, non ci sto con la testa e continuo a chiedere se tutto questo è davvero per me.

Per leggere il romanzo di Stefania cliccate qui  http://www.amazon.it/Sveva-Passioni-Romantiche-Stefania-Fiorin-ebook/dp/B00OMG7R6S

Interviste marzulliane ad Antonia Serranò.

foto antonia

di Monica Bauletti

Carissimi tutti, oggi vi presento una scrittrice che ha esordito con un fantasy, “L’Undicesimo maestro”, edito da Libro/mania, il suo nome è Antonia Serranò.

Antonia Serranò  vive a Melito Porto Salvo in provincia di Reggio Calabria,  col marito e due figlie che lei definisce diavoletti. Di professione fa l’insegnate di lettere.

Giovane donna, moglie, madre, insegnante dunque. Ma dico io: per dare sfogo all’istinto materno insito in ogni donna aveva proprio bisogno di un carico del genere? Un marito, due figlie e un’intera classe di alunni? Va be’. Andiamo a veder come compensa lo stress da madre a 360° e 365 giorni all’anno.

La nostra scrittrice ha pubblicato un romanzo che ho letto e che mi è piaciuto moltissimo L’Undicesimo maestro appunto, come ho detto sopra.

http://www.amazon.it/LUndicesimo-Maestro-Antonia-Serran%C3%B2-ebook/dp/B00JALCQGQ/

E daje, direte voi, ma questa ce l’ha per vizio. No, no, aspettate, non fatevi ingannare dal titolo non si parla né di scuola né di alunni, qua si parla di un eroe di un uomo con la U maiuscola un certo Yanagar, uno figo per davvero con un fascino che a trovarlo si salvi chi può! Ma parliamo con l’autrice e chiediamole come è nato questo personaggio.

 

Antonia: Ho inventato Yanagar perché avevo già in mente i cattivi (mi piace far le cose al contrario!). Mi serviva l’eroe forte e valoroso. Già che c’ero, ho voluto esagerare e l’ho ideato “bello e impossibile”!

Già, è davvero bello e impossibile, lo definirei uno scorpione per le affinità caratteriali.

Continuiamo a parlare di questo personaggio. Fisicamente è molto bello, giovane e dinamico, ma ha una forza interiore che nasconde un segreto. Nel primo romanzo della saga si parla di un dramma che ha costretto il personaggio a crescere in fretta e a misurarsi con forze sconosciute usando l’astuzia più che la forza fisica, ma sembra che ci sia altro e che l’evento scatenante mascheri qualche dramma più profondo. Cara Antonia, ci svelerai nei prossimi episodi il dramma profondo che Yanagar porta nel cuore? Oppure da bravo scorpione il nostro eroe terrà nascosto il suo dolore lasciando tutte noi, languide, in una insaziabile curiosità?

Antonia: Cara Monica, visto che a Niquam non ci sono i nostri segni zodiacali, credo proprio che scoprirete molto su Yanagar nei prossimi volumi della saga!

Dai! dacci qualche anticipazione.

Antonia: Nei primi capitoli del secondo libro ci saranno delle novità sulla relazione tra Yanagar e Maila.

Bene! Prevedo faville, fuochi e fiamme. Maila mi ricorda molto una Gemellina, Zodiacalmente parlando. Invece restando in tema, Dedris (Altro personaggio femminile molto affascinante) la vedo Vergine con ascendente Leone. Va be, lasciamo ai nostri lettori la soddisfazione di scoprire gli intrighi in solitaria lettura e passiamo oltre. Ora dicci perchè non hai letto il romanzo ai tuoi alunni.

Antonia: Perchè all’inizio doveva essere un racconto strutturato per insegnare meglio determinati argomenti, poi quello che scrivevo ha preso un’altra strada e, una volta pubblicato, non ho ritenuto eticamente corretto proporlo loro.

Complimenti! La tua rettitudine morale ti fa onore ed emerge forte e chiara, assieme al tuo senso etico, dalle pagine del romanzo. Allora adesso devo chiederti qualcosa che ti renda ‘umana’ ai nostri occhi, parlaci di quali sono le trasgressioni che ti concedi o, nel tuo intimo che cosa sogni di fare in futuro, insomma un pensiero che tieni nel cassetto tra i tanti manoscritti che ancora non hai pubblicato.

Antonia: Monica, se per trasgressioni intendi dormire una mattinata intera posso anche risponderti, per il resto la mia vita è piatta come una sogliola sfilettata. Vita sociale attualmente pari a zero. Potrei parlare di vita asociale! Conto di riprendermi appena le bambine saranno cresciute.

Così vai a sfatare in modo molto brusco l’immagine fantastica sulla mondanità che spesso è attribuita agli scrittori. Già care lettrici e cari lettori, perché l’editoria moderna è fatta di persone comuni che per vivere devono lavorare e lavorare tanto, ma la passione per la scrittura, quella vera, sacrifica tutto ma non la fantasia e quando la spinta creativa prende non c’è ostacolo che tenga o trattenga. Allora Antonia dicci come sfocia in te la spinta creativa, parlaci un po’ delle tue personali emozioni e di ciò che fai quando la smania di scrivere ti prende?

Antonia: Da sfegatata fan della tecnologia qual sono, ho ancora un cellulare a tasti sul cui blocco note cerco di riprodurre con le parole le immagini che creo nella mente. Alle volte arrivano improvvise e son capace di scrivere 40000 battute in un giorno, altre volte fanno fatica a emergere.

Ora per rispettare il cliché del buon Marzullo devo chiederti: Fatti una domanda e datti una risposta.

Antonia: Hai mai pensato di scrivere altro oltre al fantasy?  Idee e qualche tentativo ci sono, ma ti farò sapere se ci sarà qualcosa di nuovo.

Ebbene aspetteremo con ansia tue nuove edizioni. Tanto sappiamo che chi è ammalato di scrittura non guarisce mai e presto troveremo altri romanzi da leggere e da gustare. Grazie Antonia per la disponibilità e grazie ai lettori che ci seguono.

Buone letture a tutti voi.

Dove seguire Antonia: http://libromania.net/it/l-undicesimo-maestro-antonia-serrano

Le disavventure di una precaria-scrittrice: Cecile Bertod.

foto Cecilie

C’era una volta Biancaneve, no…

C’ero una volta io, circa un anno fa, con in mano un plico di quasi seicento pagine stampate, convinta di essere la prossima Terry Brooks della situazione solo perché ero riuscita a terminare quel dannato fantasy che mi portavo dietro più o meno dalle medie. Sostenevo con tutti di essere destinata a diventare una scrittrice famosa (nota bene: non una scrittrice, ma una scrittrice famosa!), perché nata a quattrocentoquarantaquattro anni da Shakespere, che come me è venuto al mondo il 23 aprile, quarto mese dell’anno quindi quattro volte quattro, porto due, fratto tempo impiegato per consumare un pacco di Ringo, tolto il biscottino bianco che non mi piace e… e questa non può assolutamente essere una coincidenza fortuita, no? Cioè, che razza di coincidenza del cavolo sarebbe?

Ecco, io e le mie pie illusioni!

Ero convinta, ma proprio convinta, poi faccio bene i conti e scopro di aver letto male le date, dimostrando non solo la mia ignoranza, ma anche la mia scarsa attenzione durante le lezioni di letteratura e a quel punto, direte voi, che succede? Succede che mi resta in mano il plico e la certezza di dover continuare gli studi per potermi trovare finalmente un lavoro serio, perché la cultura non paga, figuriamoci il fantasy e figuriamoci, tra i fantasy, un fantasy scritto da me! Il punto è che a trent’anni hai finito. Puoi mai riscriverti all’università per la terza volta? Che tipo non bastano due lauree per finire in un grande magazzino a fare la commessa?

Ehm… No, non bastano. Soprattutto se le due lauree sopra hanno scritto a caratteri cubitali “lettere”. E’ un po’ lo spauracchio dei datori di lavoro: cosa? Lettere? No, mi spiace, ho fatto la vaccinazione a giugno.

Beh, puoi sempre metterti in proprio. Aprire un ristorante, un bar per scambisti, ma ce li hai almeno cinquantamila euro per far partire la cosa? No, niente. E dunque questo, ricomincio a fare la restauratrice senza nulla da restaurare e attendo che dall’alto delle mille CE a cui ho spedito il manoscritto arrivi comunque una comunicazione, un messaggio, un qualcosa che giustifichi tante ore spese davanti ad un computer a battere e ribattere avverbi, aggettivi e imprecazioni. In realtà non sono stata poi così sfortunata. C’è gente che aspetta un anno, altri tutta la vita. A me è successo tutto con una velocità quasi allarmante. La prima, per dire, mi è arrivata subito, mi chiedevano mille euro. La seconda un po’ di più. La terza addirittura quattromila e allora mi sono gasata, perché dall’alto del mio ottimismo, più mi chiedevano per pubblicare, più doveva valere il mio lavoro, no? Non fa una piega. Solo che tutti quei soldi non li avevo, anche perché noi restauratori, per chi non lo sapesse, lavoriamo principalmente per la gloria. Sì. Quando chiedi all’impresa che ti ha assunta quanto intende pagarti, fanno stranissime facce. Ti squadrano dall’alto in basso come fossi il più strisciante dei vermi striscianti e ti chiedono come osi essere così veniale da poter chiedere una retribuzione per le dodici ore giornaliere che passi su un trabattello molto mobile, anzi direi instabile, sette giorni su sette in chissà quale paese sperduto d’Italia, spaccandoti i polmoni con gli effluvi tossici dei solventi chimici. No. Che cazzo, almeno tu! Cioè, ti rendi conto che quella è arte, patrimonio dell’umanità? Capisci che è un tuo preciso dovere civico intervenire gratis, anzi, se hai qualcosa di soldi per anticipare gli stipendi agli operai che scaricano il materiale… Perché quelli no, quelli li pagano. Figuriamoci! Tu oseresti mai non pagare uno di due metri con due braccia grosse quanto un tronco di pino, la barba incolta e la scritta sulla maglietta “mamma si a vita mia” che ti fissa con le sopracciglia aggrottate mentre mastica rumorosamente una gomma? No. Lui lo paghi. A me “è un tuo dovere civico, patrimonio dell’umanità”. E allora ti chiedi, ma st’umanità ci pensa lei a pagarmi le bollette? Bella domanda. Fin ora non si è fatto avanti nessuno, ma non smetto di sperare. Ma che stavamo dicendo? A, già, sì, il libro. Ecco, dopo molti insuccessi e tentativi di truffa a mano più o meno armata, alla fine scopro il fantastico mondo self (e sto volutamente tagliando sul discorso “concorsi letterari”, perché lì si dovrebbe aprire un capitolo a parte!). Dicevo, scopro il mondo self e scopro Amazon. Un giorno a caso, così, navigando su Internet, con mio padre in sottofondo che continuava a sghignazzare perché io osavo ancora credere a quella assurda storia. Beh, lo scopro e decido di piazzare il mio libro e ricordo ancora la sensazione provata appena inserito. Io ero stra-arciconvinta che ecco, finalmente mi si era rivelato il cammino. IO STAVO PER DIVENTARE IL PROSSIMO FENOMENO EDITORIALE ITALIANO. Non c’erano “se” e “ma”. Io sentivo di essere lei, la nuova cinquanta sfumature bianco-azzurre all’italiana e avrei avuto una carrettata di soldi e con tutti quei soldi sarei andata da tutti i miei ex donatori di lavoro ad elencargli tutte le parolacce che conosco in ordine alfabetico, raggruppate per entità del danno augurato. Sì, c’ero. Ero lì ed ero pronta. Stava per accadere… Era solo una questione di minuti, poi è diventata di ore, poi ho deciso di essere ragionevole e ho iniziato a ponderare per il mensile, bimestrale e “Ma forse sarà un successo postumo”. Niente. Non avevo venduto neanche un libro. Com’era possibile? Doveva esserci un perché. La risposta l’ho trovata quando becco la classifica rosa e lì ho la seconda illuminazione della mia carriera, molto poco carriera, nel mondo self: non c’era il carciofo! Ecco, era tutto lì. Non avevo messo carciofi (o qualsiasi altro nomignolo attribuiate all’appendice retrattile che di norma condiziona ampiamente il pensiero medio maschile) in bella mostra, ma neanche nascosti. Che stupida che ero stata: scrivere un libro senza carciofi, quando sono la prima a nascondere harmony un po’ dovunque nella libreria, dietro enciclopedie, trattati mai letti sul fascismo italiano… Tsè, fantasy. Quando io per prima staziono ore al reparto rosa, nascondendo gli erotici tra i libri di Camilleri sperando di non essere beccata da nessuno mentre mi avvicino alla cassa. Sembro una di quelle che chiede i preservativi in farmacia, ho anche il mio repertorio di smorfiette “aumm aumm” per la commessa. E rosa sia! E carciofo sia e via libera a labbra umettate, capezzoli turgidi e spasimi d’amore in grande stile. Decisa a riprovarci un’ultima volta cambio genere, modo di scrivere e… E ci azzecco! Per la prima volta in vita mia imbrocco la strada giusta. Non so come, non so dove e dire che sono anche antipatica, ma riesco a creare un piccolo libricino non proprio indegno e… e inizio anche a vendere. Tra l’altro molto più di quanto avessi mai immaginato e ne approfitto, anzi, per ringraziare tutte le persone che mi hanno letta, davvero. Non ci credevo io, non ci credeva mio padre, non ci credeva neanche il mio psicologo!

Sì, lo ammetto, è stata una grandissima soddisfazione e, quando meno me l’aspettavo, alla fine è arrivata anche la CE e non l’ho neanche dovuta supplicare e, questi sono numeri!, non l’ho pagata io! Pura fantascienza!

E allora vai, allora ci sei. Bred Pitt tieniti libero perché stai per conoscermi! Robe così… che uno si aspetta cose grandi, immense, trombe al vento, rulli di tamburi e… E no, niente, ritorna tutto come prima per l’ennesima volta. Tu davanti al monitor che scrivi cazzate, i tuoi datori di lavoro che continuano a pensare che tu campi d’aria, Pompei che crolla, tua nonna che brontola, e dove hai messo i miei calzini? E porca miseria possibile che ho già finito il detersivo per i panni, da domani ci vestiamo tutti di carta! E niente. Sempre e inesorabilmente e ancora niente. La parola chiave è proprio quella: NIENTE! Forse tra un anno, magari due, i miei libri saranno in qualche libreria. Forse un passante ne noterà uno su una mensola polverosa di chissà dove e dirà: ma fammi vedere un po’ qua che c’è scritto! E per qualche minuto condividerà con te tutte quelle notti passate sveglia a sognare il principe azzurro nella tua stanzetta in subaffitto che non potrai mai permetterti senza l’aiuto dei tuoi, continuando a credere che un giorno sì, un giorno ci sarai anche tu su Wikipedia!

Per ora io sono a questo punto qui. Non so e non voglio sapere cosa accadrà domani. Troppo disfattista, ma una cosa ci tengo a dirla, e seria stavolta: scrivere me l’ha cambiata la vita. Davvero. Perché adesso continua a fare tutto sempre discretamente schifo, ma almeno ho trovato un mondo tutto mio dove ho le tette grosse, sono francese, ho almeno duecento uomini in fila sotto casa che aspettano con ansia decida di uscire con loro e in quel mondo fantastico i panni non si sporcano mai, i piatti si lavano da soli e Britney Spears pesa duecentoventi chili!

Di Cecile Bertod

Potete continuare a seguire le disavventure di Cecile (questa volta come scrittrice) su:

http://www.cecilebertod.it/

https://www.facebook.com/mycecilebertod?ref=hl

Intervista semiseria con Donatella Perullo

Donatella foto

«Ciao Donatella, benvenuta sul nostro blog, vorresti  descriverci la tua vita da autrice dando anche consigli a chi volesse intraprendere questa strada?»

«Ciao Letterando, lo faccio con vero piacere. Descriverò la mia giornata dal mattino: mi alzo presto, in genere a svegliare me e mio marito è una delle cameriere che ci serve la colazione a letto. Spalanca le tende permettendo alla luce del sole di invadere la stanza e a me di godere della vista del magnifico giardino che circonda la villa. Dopo una lunga passeggiata tra gli alberi insieme ai miei levrieri afgani e una doccia rigeneratrice, consulto Agenore, che tiene sotto controllo le royalty che quotidianamente mi fruttano le vendite dei miei best seller e mi fa il punto sugli investimenti da fare. Alle nove sento l’agente e impartisco ordini alla cuoca per il pranzo, dopo di che mi reco nello studio progettato dallo stesso architetto che ha curato il design di quello del mio amico Stephen (per voi comuni mortali Stephen King ndr) e chiudo la fatidica porta che mi permette di isolarmi dal mondo e ottenere la concentrazione necessaria a “creare”. Dopo quattro o cinque ore di lavoro indefesso – tempo che varia in base all’ispirazione – lascio lo studio e mi reco in sala da pranzo dove incontro la mia famiglia, do una pacca amorevole a mia figlia, tornata per le vacanze dalla lussuosa università inglese, e un bacio fugace a mio marito, in procinto di recarsi di nuovo sui campi di golf, quindi mi affido alle cure dell’estetista e del curatore d’immagine.

I party di gala sono la parte più stressante dell’intera giornata, non parliamo poi dei viaggi in giro per il mondo a presentare i romanzi al pubblico estero.

Le ore prima del sonno, invece, sono dedicate alla lettura e come suggerisce il buon Stephen, (sempre King ndr) bisogna leggere anche libri brutti per capire quali errori non fare.

Se posso darvi un consiglio, aspiranti scrittori, non fate mai l’errore di cedere i diritti cinematografici. Sì, è vero, guadagnerete qualche soldo in più, ma lo stress del contribuire al casting, del seguire la sceneggiatura perché non travisino le vostre storie e del recarvi sul set provoca uno sfibramento considerevole.»

«Donatella?»

«Sì, Letterando, dimmi».

«Ma ‘sto film dove lo proiettano di preciso?»

«Perché, si capisce che sto esagerando un po’?»

«Solo un pochino? Non tirarla tanto per le lunghe e tira fuori la verità.»

«Va bene, però sognare fa bene alla salute.»

«Sì, ma ora devi dire la verità perché chi legge deve capire com’è la vita di un’autrice emergente.»

«Emergente? Io non so ancora cosa voglia dire emergere. Confesso, la mia giornata tipo non è esattamente come l’ho descritta. Scrivo da quando ero bambina. Avevo nove anni quando elaborai il mio primo racconto e sedici quando terminai il primo romanzo fantasy. Mio padre è sempre stato un mio sostenitore, mamma non proprio. Il rumore della macchina da scrivere la innervosiva.

A pensarci bene c’è sempre stato qualcosa che ha remato contro la mia voglia di scrivere, ma, si sa, gli amori contrastati sono da sempre i più forti e resistenti. Sono sempre riuscita a rubare un po’ di tempo per dedicarmi alla creazione delle mie storie. Dopo i compiti, quando ero studentessa, –  non ditelo a nessuno, ma qualche volta anche durante – e poi,  dopo il lavoro da adulta, e oggi da quando l’azienda per cui lavoravo è fallita, dopo tutte le esigenze della mia famiglia.

Parliamoci chiaro, finora ho pubblicato diversi racconti e decine di recensioni per la rivista on line I-Libri, ma non ho mai guadagnato un solo centesimo, anzi no, mi correggo, cinque anni fa mi classificai terza a un concorso letterario e vinsi cento euro. Quello è stato fino a oggi l’unico guadagno economico che mi ha elargito la passione per la scrittura.

Faccio distinzione tra guadagni economici e quelli morali perché se dovessi fare un unico cumulo tra la soddisfazione che mi da lo scrivere e quei cento euro, allora la mia vita sarebbe davvero da miliardaria. Neanche respirare però procaccia denaro e per me scrivere è quasi come respirare, non potrei vivere senza. Comunque alla fine di questo mese uscirà il mio romanzo fantasy Lacrime d’Ametista

«Ah, e lo dici così? Allora comincerai a guadagnare».

«Che fai Letterando, ora mi prendi anche in giro? La Butterfly Edizioni è una casa editrice piccola ma seria, non chiede alcun contributo – altrimenti non avrei mai firmato il contratto – e mi dà una percentuale dignitosa sulle vendite, ma con le spese che dovrò affrontare per le presentazioni, la promozione e tutto il resto, sarò fortunata se ci uscirò in pari.»

«Quindi non capisco, qual è il messaggio che vuoi lanciare a chi ci sta leggendo?»

«Il messaggio è duplice. Ai lettori puri, quelli che non si sono mai sognati di scrivere nulla se non il loro diario segreto o la nota della spesa, dico di non idealizzare la vita dei loro autori preferiti perché solo uno su duemila – anzi meno – vive di scrittura. Aggiungerei di non prendere sottogamba la pirateria. Ogni e-book scaricato abusivamente, soprattutto quando si parla di scrittori italiani emergenti, scava un fosso sotto i piedi del povero autore allontanandolo sempre più dalla agognata superficie.  A chi invece sogna di diventare scrittore dico di non smettere mai, ma solo se scrive per passione e non perché pensa di raggiungere il successo e la ricchezza. Scrivere non rende, non in Italia. Se volete diventare ricchi pensate a qualcos’altro.»

https://www.facebook.com/ilfatodeglidei

Paola Ferrero, scrittrice e lavoratrice multitasking.

Paola F.

Sono Paola Ferrero e amo scrivere. Ho al mio attivo una raccolta di poesie pubblicata nel 2009 con Liberodiscrivere dal bizzarro titolo di “Parole d’amore insano” e un romanzo uscito in versione digitale questa primavera, “Gli attimi in cui Dio è musica”, scelto da Lettere Animate Editore. Ho partecipato a vari concorsi con altri due romanzi e ho pronta una seconda raccolta di poesie, più svariati progetti in corso.

La mia giornata inizia alle 7 del mattino, con la radiosveglia che tenta di buttarmi giù dal letto. Dopo aver nutrito tre gatte e una cagnolona mi lavo, mi vesto e, sempre insieme al cane, vado a lavorare. Passo le successive nove ore in un seminterrato alla fredda luce dei neon a cucire lenzuola, tende, asciugamani e simili. Lo faccio da 25 anni e nonostante questo ci vedo ancora abbastanza bene.

Finito l’interramento, quando posso vedere il cielo, esco e faccio qualche commissione prima di tornare a casa. Qui nutro nuovamente le mie belve e preparo cena, svolgo le abituali mansioni della casalinga e, quando tutto tace in casa, posso finalmente accendere il pc.

Nelle ore successive, di solito almeno fino all’una di notte, posso finalmente scrivere. Per Gazzetta Torino, dove pubblicano un mio articolo ogni settimana; per il mio blog (http://lestoriediclara.blogspot.it ) ; e procedere con i miei progetti. Quando va bene scrivo oltre diecimila battute in una sera, se va male sì e no duemila. Non sempre le cose vanno come si desidera.

Con le percentuali dei miei libri ho fatto poco, farsi conoscere non è così facile in un mondo invaso da libri ed e-book di ogni tipo. Nomi, cognomi, titoli, generi … una vera giungla in cui se non sai promuoverti sei perduto. Per questo bisognerebbe sempre affidarsi a un editore capace non solo di non chiederti soldi ma anche di investire nella tua promozione per evitare dispersioni.

Le presentazioni non sono un gioco e spesso non si riesce a presentare un libro in formato digitale nelle librerie. Si viaggia come trottole senza la certezza di vendere nemmeno una copia o di vedere qualche persona interessata seduta ad ascoltare. A volte si fa flop, altre si conquista qualche lettore. E si torna a scrivere, a limare, correggere e rivedere. Si torna a inventare, a discutere con i personaggi che non vogliono seguire la trama, si torna a sognare…

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