L’ONDA SACRA DEI SOGNI

Come si scrive un bestseller?

Convention  #SUGARCON17  Sugarpulp17 21- 24 settembre 2017 Padova/Rovigo
#speeddate @matteostrukul – 

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sugarpulp17

Di primo acchito il pensiero è stato: “Perdete ogni speranza voi che entrate” nel mondo dell’editoria. E concedetemi la famosa citazione. 

Poi mi son detta che NO!

Non permettiamo a nessuno di rubarci i sogni. 

Ecco! Quindi galoppiamo decisi l’onda sacra dei sogni.

Però una scappatella nella selva oscura la facciamo lo stesso perché è proprio lì che fornicano i “guru” dell’editoria.

Alla convention  #SUGARCON17 offerta da Sugarpulp17 #speeddate @matteostrukul, nella mattina di domenica 24 settembre a Arquà Polesine sono stati intervistati due editor: Alessandra Penna (NewtonCompton) e Fabrizio Cocco (Longanesi).

Il moderatore ha posto loro la terribile domanda:

-Come si scrive un bestseller?-

Ma, mi chiedo: davvero esiste una risposta a questa domanda?

I due   m a l c a p i t a t i  hanno anche provato a rispondere. Più che altro: hanno dovuto. Erano lì, col microfono in mano, in una stanza piena di gente che voleva sapere. Forse, o forse voleva sentirsi dire che a scrivere sto agognato capolavoro ce la possono fare. E chi lo sa? Tant’è che i due editor hanno cercato di dare delle indicazioni portando qualche esempio, ripescando tra passate esperienze e casi editoriali dell’ultimo periodo. Ma in questo tipo di discussioni le contraddizioni si sgambettano e lo sgambetto si divertono a farlo soprattutto a chi ci crede troppo.

Una verità che non teme smentite è che ogni discussione sull’editoria finisce col perdersi in un dedalo di non regole. Sembra che la ricetta per sfornare “IL Romanzo” non la conosca nessuno.

Men che meno gli editor e i consulenti editoriali che si trovano schiacciati tra scrittori e editori come tanti cuscinetti vertebrali.

È successo, succede e succederà che l’editor non colga l’Xfactor nascosto tra le righe di un’opera perdendo l’occasione di schedare il libro rivelazione dell’anno. Errori di questo bruciano parecchio e fanno anche più male di una ernia. Comunque, ernie da sfiancamento per l’eccessivo carico di lavoro sono comprensibili e, nel corso di una carriera da editor saranno molti a portarsi il rammarico di non aver capito di aver avuto per le mani il libro che poteva segnare la tanto ambita svolta letteraria.  Non lo ammetteranno mai, infatti anche gli intervistati hanno giustificato la distrazione con motivazioni a loro non imputabili, spesso attribuendo il rifiuto alle linee editoriali della casa editrice per cui lavorano, oppure alla richiesta di mercato.

Io diventerò impopolare e gli editori/consulenti editoriali mi lanceranno sguardi di sdegno e disprezzo, ma penso che se un libro è Il Libro, diciamolo, non c’è scusa che tenga. L’editor che se lo lascia scappare è solo un editor che ha sbagliato e non ha capito.

Quindi che dire? La componente Fortuna in certi ambienti può fare la differenza, come pure la simpatia e la notorietà.

L’autore esordiente ha voglia di leggere Hemingway,  Calvino, Dostoevskij, Pennac, Pasolini, Dario Fo… per prepararsi a scrivere la sua opera,  perché, in certi casi,  anche se scrivesse come Manzoni e proponesse un Promessi Sposi moderno, nessuna casa editrice oggi lo pubblicherebbe. Oggi.

Quindi, a detta dei guru dell’editoria, nessuno ha colpa se vengono pubblicate ciofeche e invece potenziali best sellers rimangono a marcire nei cassetti: perché non è colpa dell’autore sconosciuto che si è consumato i polpastrelli sui tasti. Non è colpa della CE che deve pubblicare per vendere e mantenere in attivo il bilancio. Non è colpa dell’editor che segue le istruzioni della CE per cui lavora e annaspa tra montagne di manoscritti. Non è colpa del pubblico leggente che alla fine compra e legge ciò che gli propongono.

E allora a chi diamo la colpa?

Al fato.

Ma se l’ordine degli eventi non è modificabile nulla impedisce all’autore esordiente di continuare a scrivere e migliorare e scrivere e migliorare e scrivere…

A questo punto, e arriviamo al punto, viene spontaneo chiedersi: quanti sono i romanzi belli, bellissimi, che giacciono sotto pile di ciofeche? E soprattutto: quanti sono i mittenti/scrittori scoraggiati dai rifiuti che ripongono i sogni nel cassetto per poi dimenticarli?

Le delusioni sono sogni insoddisfatti. Non lasciamo morire i sogni, non soffochiamoli, facciamoli vivere, crescere, esplodere.

Direte voi: è una selezione naturale, ci sono troppi scrittori. Troppa gente scrive non si può pubblicare tutto.

Certo. Nessuna obbiezione.

Ma c’è l’onda dei sogni, l’onda sacra che bisogna cavalcare finché vita c’è per non morire dentro.

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SPRITZ? Sì, grazie! Certi vizi aggregano.

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Questa mattina parlando con un amico, si rifletteva sul dilagare della moda dello spritz. Il mio amico commercia in vini e mi diceva che lo spritz dà un notevole impulso ai suoi affari.

Concedetemi un cenno storico: Si fa risalire l’origine dello spritz all’usanza dei soldati dell’Impero austriaco, di stanza nelle regioni del Regno Lombardo-Veneto, che allungavano i vini veneti con seltz per diminuirne la gradazione alcoolica. Da qui l’origine del nome, dal verbo tedesco austriaco spritzen, che significa “spruzzare”. Tale usanza austriaca rimane nella Trieste asburgica fino al 1918 e in molte località del Nord-est italiano. “Vino spruzzato” a Milano. lo spritz come lo beviamo noi nasce a Padova e Venezia all’inizio del 900 dall’idea di allungare il vino con l’Aperol (presentato alla Fiera di Padova nel 1919). La popolarità del cocktail si diffonde in tutta la regione veneta a partire dagli anni ’70.  Ora lo spritz è diffuso in tutta la nazione anche grazie alla pubblicità dell’Aperol che non ha perso l’occasione di cavalcare la moda con una campagna pubblicitaria mirata.

Ma come mai questa moda non tramonta?, perché il fenomeno dello spritz non si è sgonfiato dopo il primo exploit come spesso accade per certe brillanti novità? Sembra invece che si stia affermando sempre più e stia diventando un rito necessario e irrinunciabile senza esclusioni.

Domenica eravamo a Monselice e durante la nostra sosta al bar, -con mio marito usiamo fare un giro in bici quando il tempo permette e a metà percorso è d’obbligo la sosta ristoratrice,  Io prendo un caffè shakerato senza zucchero e lui una coca-, erano passate le 13 da poco, mi sono distratta a curiosare i tavoli occupati attorno a noi, la mia attenzione si è concentrata su due ragazze che occupavano il tavolo accanto, avevano due calici vuoti e un vassoio di stuzzichini, vuoto anch’esso. Parlavano. Sì, stavano parlando. Sembra incredibile ma non avevano sul tavolo null’altro che la consumazione e le sigarette, nessun cellulare, nessun tablet. Tutta la tecnologia che di certo avevano con loro era dimenticata in fondo alla borsa e si stavano scambiando confidenze. Non ho resistito e ho origliato con tutta l’indiscrezione che sempre più mi concedo quando le persone m’incuriosiscono. Parlavano di uomini. Parlavano dei loro ragazzi. Una delle due esprimeva all’altra la gioia provata quando il suo boy friend ha voluto assistere alla discussione della tesi affrontando così la sua famiglia e facendo quello che poteva diventare il primo passo per ufficializzare una relazione tenuta nascosta tra le righe di WhatsApp.

Mi torna in mente un’altra immagine, anch’essa rubata al bar. Eravamo a Padova in piazza della Frutta, sosta per un Aperol-spritz questa volta, era tardo pomeriggio. Due tavoli dietro mio marito, si consumava una tragedia. Due signore si confrontavano. La cosa mi ha molto rattristata, ma questo è il pegno da pagare quando ci si permette di farsi gli affari altrui. Le due parlavano di tradimenti. Una delle due piangeva, l’altra non ci provava neanche a consolarla, non avendo sentito tutta la conversazione non saprei descrivere il caso con precisione, ma credo che la più giovane delle due fosse l’amante del marito della più vecchia. Brutta cosa. Ci vuole molto coraggio per affrontarsi tra rivali in amore, ma anche in questo caso non si può con Snapchat.

Quante immagini come queste ho rubato tra i tavoli del bar! Ho fatto queste piccanti divagazioni per cercare di capire il fenomeno happy hour, il bisogno che ha il genere umano di comunicare e di relazionarsi nelle sue molteplici forme.

Vito Mancuso ci esorta dicendo: “non fatevi rubare la solitudine” bisogna mantenere il contatto con noi stessi. Conosco persone che tremano al pensiero di restare sole e di doversi guardare dentro, il terrore di non trovarci ciò che vorrebbero. Dunque? Rimane tuttavia una cura, c’è sempre l’amico al bar. I bar si popolano durante le pause. È il momento di stacco dal cordone che ci tiene tutti uniti globalmente per ritrovare il piacere del contatto a tu per tu. Il cellulare, internet, i social possono aspettare. Il tempo di un caffè, di un bicchiere di vino e qualche salatino non supera la mezz’ora ed è già tanto, ma è quel che basta per una confidenza, per una risata guardandosi negli occhi o di un pianto liberatorio. I ragazzi si baciano e si abbracciano sempre quando si trovano. Stanno ore sulle reti e quando si incontrano si toccano e si stringono. Dopo tanta virtualità diventa indispensabile un po’ di fisicità. È il momento di evasione da quella che è diventata la routine. Ti alzi: controlli i messaggi. Arrivi in ufficio: apri Facebook, rispondi alle mail, comunichi col mondo, esprimi pensieri, ti informi, commenti e aspetti di passare al bar dove trovi l’amico a cui stringere la mano e intanto:

“Un Aperol spritz, grazie”

M.B.

La Fiera delle Parole contro Bitonci – atto unico

 

Antefatto
PADOVA. Nel documento di programmazione attività culturali allegato al bilancio di previsione 2016 manca la Fiera delle Parole, non è prevista, cancellata!, dimenticata? No, sostituita.

fiera delle parole

Sembra che nell’organizzare l’edizione del 2015 il/la Patron del Festival della parola scritta sig.ra Bruna Coscia non abbia accolto i suggerimenti del sindaco. Massimo Bitonci si è risentito decidendo di sopprimere l’evento per poterlo organizzare liberamente secondo le linee previste dalla sua giunta: “…, non vedo per quale motivo il sottoscritto, che non più tardi di un anno e mezzo fa è stato votato dalla maggioranza dei padovani insieme con un preciso programma elettorale pure in campo culturale, dovrebbe ora disattendere quel programma e replicare gli eventi culturali delle amministrazioni precedenti.” (Corriere del Veneto 20/01/2016)

La Fiera delle Parole che è arrivata alla sua 9° edizione, le prime 4 svoltesi a Rovigo e traslocata a Padova dal 2011, ha offerto negli anni incontri e spettacoli vantando la presenza di intellettuali, autori e artisti che hanno sempre dimostrato di apprezzare la nostra bella città e la sua iniziativa.
Il centro storico della città per una settimana si è animato di eventi organizzati nei palazzi simbolo della cultura e spettacolo patavino come il teatro Verdi; il meraviglioso palazzo della Ragione, il Palazzo Moroni, sede del municipio; le scuole e la storica Università, la seconda in Italia dopo Bologna che nella lista dei nomi illustri che hanno vi insegnato può vantare la presenza di Galileo. Il caffè Pedrocchi, detto caffè senza porte, antico ritrovo degli intellettuali; per non parlare delle librerie grandi e piccole che in occasione di avvenimenti come questo sono per ovvi motivi in prima linea. L’offerta fornita ha ottenuto risultati crescenti negli anni e l’ultima edizione, quella di ottobre 2015, ha attirato in città 70 mila persone in sei giorni.
Si conclude così la storia della Fiera delle Parole versione padovana. La 10° edizione dovrà trovare una nuova location. Padova chiude le porte alla kermesse di Bruna Coscia.
sgarbi e bitonciDichiara il sindaco Massimo Bitonci: “Ho proposto a Vittorio Sgarbi di fare il direttore artistico di un grande festival letterario che si terrà a Padova in ottobre. Un festival aperto davvero a tutti, senza alcuna ideologia di carattere politico. Un festival ad amplissimo raggio, con la presenza di autori italiani e internazionali. Un festival che avrà una formula e magari anche un nome diversi da quelli che ha avuto in passato”.
Diceva un noto cantautore: “Non cambiar la regola, se regola già c’è” e se poi la regola non era così male?, ma già ben collaudata?, un peccato cancellarla. Certo le imperfezioni ci sono, ma i collaudi a questo servono. Non sarebbe stato meglio partire da una piattaforma già strutturata per ingigantire l’evento?
La ragione della scelta drastica di eliminare la Fiera delle Parole per avviare un evento culturale tutto nuovo mi sembra la conseguenza di una totale mancanza di umiltà e dello smarrimento dell’obiettivo che rende sacro un evento culturale: la cultura.
Non riusciamo proprio a imparare niente dalla storia. Siamo davvero i figli sciocchi dell’Antica Grecia? Le guerre si fermavano durante i giochi Olimpici e noi non riusciamo a mettere da parte l’arrivismo e i giochi di potere per celebrare degnamente le doti letterarie di intellettuali e artistiche?
Tutti pronti a schierarsi ora da una parte e ora dall’altra. Sembra la fiera del galletto, il galletto padovano appunto, che impettito fronteggia l’avversario pronto a morire pur di difendere la posizione di supremazia. Le guerre iniziano sempre così e poi tutti perdono sempre qualcosa. Non imparerà mai l’essere umano che le sinergie aiutano a migliorare e a crescere?
Ed è così che la kermesse letteraria che poteva diventare un evento di risonanza internazionale e dare risalto alla nostra bella città, la città dei “Gran Dottori” ora cambierà volto.
Intanto la Fiera delle Parole inventata e organizzata da Bruna Coscia, è contesa dalle città e paesi limitrofi, la vuole Verona, la chiede Este, la reclama Rovigo. Questo evento sta prendendo un’identità itinerante.
apollo1Non ci resta che invocare la protezione di Apollo e sperare che non imbracci il suo arciere.
Alla fine, tra i due litiganti potrebbe risultare vantaggioso avere due eventi a cui assistere e, se vogliamo vedere il lato positivo, una maggiore offerta culturale: un festival di sinistra e uno di destra e, noi in mezzo; noi che poco ci curiamo delle beghe di palazzo; che leggiamo il libro e non incensiamo l’autore; che non chiediamo la razza, la religione, l’ideologia dell’autore quando acquistiamo un libro, ma leggiamo la sinossi e l’incipit per capire se ci può piacere la storia; noi che siamo critici e sappiamo leggere con attenzione cogliendo il buono e lasciando il cattivo, sposando il giusto e condannando gli errori.

Speriamo però che non si mettano in competizione per farsi i dispetti e che scelgano due periodi diversi per non trovarci nell’imbarazzo di dover scegliere a quale evento partecipare, perché a casa si fa zapping comodamente seduti sul divano quando le emittenti si fanno concorrenza con programmi interessanti, in casi particolari si registra una trasmissione mente se ne segue un’altra, ma per essere presenti agli interventi di due autori contemporaneamente ci vuole quel dono che ci è stato negato e che nemmeno la scienza è ancora stata in grado di produrre, chissà se Apollo ci verrà in aiuto lo chiederemo alla la sacerdotessa detta Pizia.

10363718_939424692772931_689260281877936841_n  M. B.

#UNAVALIGIADILIBRI

BENVENUTI

NELLA BIBLIOTECA DI LETTERANDO

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Libro Vecchio (1960)   LA NOIA  di Alberto Moravia

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e Libro nuovo  (2007) RABBIA di Chuck Palahniuk

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Libro Vecchio (1961)   UN CUORE ARIDO di Carlo Cassola

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e Libro nuovo  (2015) SIRENA di Barbara Garlaschelli

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Libro Vecchio (in prima pubblicazione nel 1956) Angelica di Anne e Serge Golon

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Libro nuovo – 2015 L’amica più preziosa di Monica Bauletti

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Libro Vecchio (in prima pubblicazione nel 1958) Il Gatto0pardo di Tomasi di Lampedusa

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Libro nuovo – 2015 Il cuore aspro del

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 Libro Vecchio (in prima pubblicazione nel 1922) Siddharta di Hermann Hesse

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Libro nuovo – 2013 L’OCEANO NEL POZZO di Nino Famà

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Vi-Va la scuola!?

Mercoledì 10 giugno 2015, ore 12,55: driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin!
E vai!!! La campanella. Finalmente.

       tocco      L A S C U O L A È F I N I T A     tocco

Era ieri. Oggi si respira.
Abbiamo trattenuto il fiato a ogni interrogazione. Incrociato le dita è assunto pose scaramantiche di ogni genere a ogni verifica –ai miei tempi si chiamavano compiti in classe-.
Abbiamo passato mesi e mesi a controllare il registro elettronico ogni “non santo” giorno –in quelli “comandati dai santi” i nostri figli restavano a casa e c’era un po’ di tregua-.

Tremendo!, ogni volta che compariva un quadretto rosso era un’agonia:
A=assente –mio Dio dove sarà?-,
RB=Ritardo breve –Come mai? Che cosa avrà fatto? Che gli è successo?-,
il (meno) anche davanti a un sei è insufficiente quindi rosso sgargiante. Ogni voto sotto il 4 diventava una tragedia.
Che scoramento!, che tristezza!, che fatica!
Ogni cosa succeda ai nostri figli diventa una tragedia.
Sembra sia colpa delle “mamme italiane”:

sono troppo apprensive; dicono;

sono troppo protettive; dicono;

sono troppo ambiziose; dicono.

Sono solo mamme; dico.

Fatto sta che quando inizia la scuola lo zaino più pesante lo indossiamo noi mamme, ogni tanto lo carichiamo sulle spalle dei papà, giusto quel che serve a riprendere fiato e poi via di nuovo a correre con la zavorra che pesa.
“Mamma ho dimenticato il libro di…, mi serve assolutamente, portamelo per favore” –Può capitare, per una volta si fa-. “Va bene , ma solo questa volta, la seconda no. Te la vedi col prof”.
“Mamma non ce la faccio a studiare, MI DEVI ASSOLUTAMENTE AIUTARE. Oggi resti a casa e studi con me” –come si fa a dire di no, se un figli chiede aiuto?, è una causa giusta
“Mamma quella prof ce l’ha con me. Ne sono sicura. NON MI PUO’ VEDERE a me fa le domande più difficili e i voti sono sempre più bassi. Ci devi parlare” – Ok, vediamo che si può fare-: “Cara prof., scusi tanto, a questa età i ragazzi sono un po’ arroganti, sono … Ecc. ecc.” Si discute, si ascolta, si chiede aiuto e si cerca il compromesso-. “Brava mamma, ma che cosa le hai detto? Adesso la prof. E cambiata”. –Fiiiuu, m’è andata bene, ce l’ho fatta-.

Alla fine le vacanze scolastiche diventano una vacanza condivisa da tutta la famiglia.
Si comincia subito col dormire qualche minuto di più e la giornata scorre col pensiero sereno di chi sa che a casa tutto tace e i figli dormono.

È un sollievo! Il respiro ritrova il flusso naturale. Il cuore si adagia nel mediastino come il pellegrino sprofonda sulla sdraio dopo un lungo cammino.
La scuola in Italia è difficile sotto tutti i punti di vista. Non c’è serenità. È scomoda, disorganizzata, costosa e sottodimensionata. Costruita intorno a chi? Non ai giovani che la vivono sempre peggio. Non agli inseganti che scalano i programmi come salire sull’Everest attraverso una bufera. Non per i genitori che tra le ansie dei figli, le frustrazioni degli insegnati e i costi di libri, abbonamenti del tram e varie imprevedibili, vengono esposti a un prolungato logorio psicologico.
Colpa della crisi? È vita.

Colpa del governo? È storia.

Colpa delle mamme italiane? È amore.
Va beh, un altro anno e passato e siamo sopravvissuti. Chi ne esce soddisfatto, vincitore, un po’ malconcio, deluso, triste e sconfitto, comunque tutti vivi ed è questo che conta.

Rigenerati di nuove energie o completamente scarichi che sia, ma con ancora tanta vita davanti e nuove opportunità.

Godetevi tutti le vacanze che si sa: “…Chi vuole esser lieto, sia, di doman non c’è certezza”

vacanzeMonica Bauletti

Anche i tovaglioli raccontano

Stefania Fiorin, scrittrice e promotrice dell'iniziativa.

Stefania Fiorin, scrittrice e promotrice dell’iniziativa.

Oggi ospitiamo una cara amica di Letterando che ci ha chiesto di mettere al corrente i nostri lettori riguardo un’interessante iniziativa chiamata Tovagliolo racconta.

Allora Stefania, ti va di parlarci della tua iniziativa? Ma prima una curiosità: come mai questo titolo particolare?

Ho chiamato la pagina di poesia che ho creato su Facebook: tovagliolo racconta.
Perché tovagliolo? L’ho sempre ritenuto un accessorio indispensabile, oltre a pulire bocche o mani importanti e meno, si è fatto carico di raccogliere tracce e firme a sigla di accordi importanti. Eccovi qualche esempio:
a) Ricordate la storia della firma di Zinedine Zidane su un tovagliolo? Ebbene, a distanza di anni Florentino Perez ha tentato lo stesso “colpaccio”. Sapete dove firmò? Non su carta bollata, bensì su un tovagliolo di carta Scottex che si trovava sul tavolo del ristorante.

b) Anche Steven Spielberg siglò a un accordo per 100 milioni all’ex Amy Irving, sempre grazie al tovagliolo di un ristorante.

c)E dopo Messi anche Falcao.

d)E la storia di Picasso? Lo sapete che una sera, un cameriere, intento a presentare il salato conto di un ristorante rinomato, si trova di fronte a un disegno fatto in quel momento su un tovagliolo dal famoso artista? E lo sveglio cameriere che fa? Ovvio che gli chiede di autografarlo!

e) E poi c’è chi lo usa per appuntare frasi, riflessioni balzate fuori all’improvviso. “Un tovagliolo può servire ad asciugare le lacrime o a farle cadere”, questo è il contenuto di un messaggio scritto su un tovagliolo dal compianto Mike Bongiorno.
Ci si può scrivere di tutto su di un tovagliolo, ce n’è sempre uno di carta o di stoffa a portata di mano e… di penna! Serve per non dimenticare. Ecco un angolo dove fissare quel che resta di una forte emozione, dove rendere visibili i pensieri apparsi nella mente il tempo di un flash.
Ho dato vita alla mia idea per dare spazio d’espressione agli appassionati di scritti poetici, la pagina social è visibile al pubblico e vi si accede su invito.
Da tempo constato che c’è bisogno di ritornare a far parlare il cuore, è indispensabile riscoprire che sotto tanta superficialità esiste l’essenziale; quando ci libereremo dal superfluo e dall’inutile, finalmente, respireremo poesia.
Il concorso gratuito a premi simbolici è la novità; partito da un mio colpo di testa si è trasformato in una vetrina di talenti tra i quali emergeranno quattro opere vincitrici scelte e votate dalla giuria formata da esperti.
Invito, chi vuole apprezzare, a visitare la pagina “tovagliolo racconta” e mettere il “mi piace” sul testo che emozionerà di più: https://www.facebook.com/groups/911926905486730/ TOVAGLIOLO RACCONTA

XXVII Salone Internazionale del Libro di Torino – 2015

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Mi hanno chiesto se vado al Salone Internazionale del Libro di Torino, ho risposto no.
Quest’anno non andrò.
Non credo che sarebbe molto diverso dall’andare alla libreria Feltrinelli o alla Mondadori della mia città, anzi andare in librerie sarà certo più comodo. Potrei andare con il tram. La Feltrinelli di Padova (la mia città) si trova davanti a Palazzo Bo: la sede storica dell’Università degli Studi di Padova dal 1539, vanta un passato importante, ha coronato d’alloro la prima donna al mondo laureata in filosofia, Elena Lucrezia Cornaro e nella Sala dei Quaranta si trova ancora la cattedra che fu di Galileo.
Il tram attraversa la riviera che divide Palazzo Bo dalla libreria Feltrinelli, non ho nemmeno il problema del parcheggio e alla Feltrinelli non mi fanno pagare il biglietto per entrare così, i soldi risparmiati li investo in libri, ma non solo, fuori dalla libreria, oltrepassato il Palazzo Bo, sono già nella zona pedonale di Padova in pieno centro storico, mi lascio sulla destra il municipio e lo storico Caffè Pedrocchi noto anche come il “Caffè senza porte“, perché fino al 1916 era aperto giorno e notte e per oltre un secolo è stato il “ritrovo” di intellettuali, studenti, accademici e uomini politici. Attraverso un vicolo e sbuco in Piazza delle Erbe dominata dal Palazzo della Ragione, oltrepasso l’arco dal quale si accede a “Sotto al Salon”. Sotto il Salone è il più antico centro commerciale di Padova e arrivo in piazza della frutta oltre la quale posso accedere alla Piazza dei Signori. Mi piace molto Piazza dei Signori, sarà per la torre dell’orologio che vi domina e sembra voler ricordare che il tempo ha una misura e non si può accelerare, ma si deve solo assecondare, quindi dimentico la fretta e adagio sincronizzo il passo e continuo tra i vicoli fino ad arrivare alla libreria Mondadori. Nemmeno lì mi fanno pagare per entrare e posso stare in mezzo a tutti i libri senza che nessuno mi mandi via.
Ecco fatto! Mi sono costruita un bel viaggetto alternativo al Salone del libro, tra cultura, storia e letteratura. Niente male direi! Un pomeriggio ideale per chi ama leggere.
Lo so che al salone ci sono anche molti eventi e non ci sono solo i libri da acquistare, lo so, lo so!
Allora, vediamo che cosa mi perdo. Vado a curiosare nel programma per vedere quali autori parteciperanno agli eventi. Cerco tra i “Grandi Ospiti” e scorro l’elenco. Sono molti i nomi di autori più o meno noti, però non ho letto niente di nessuno di quelli in elenco, possibile mi sia persa tutti questi “Grandi Ospiti”? Degli Angela ho visto molte trasmissioni, prima o poi leggerò qualche loro opera. Anche di Augias non ho mai letto niente ma mi piacciono le sue trasmissioni, Anche Aldo Busi mi incuriosisce.
Oh bella!, ma è tutta gente famosa perché apparsa in TV! Sono tutti lì, al salone per fare pubblicità al loro libro!
E che cazzo! Ma che è? Scusate l’espressione poco elegante, ma mi è scappata. È vero che siamo al salone del libro e tutti i libri sono libri ma scusate, che ci azzecca la Parodi e la Clerici con gli autori? Ditemi se un libro di cucina ha bisogno di presentazione. E poi, scusate tanto, chi scrive ricette si può davvero considerare un autore? Io cucino da anni due pasti al giorno, mi invento ricette di continuo, ma mai avrei pensato di poter esprimere il mio X-factor in un minestrone. Mah, è proprio vero che tutto fa brodo.
Comunque sarebbe stato bello se al salone ci fosse stato… che ne so? Dario Fo?, sapete che colpo!, il premio Nobel per la letteratura. Lui sì che può permettersi di fare qualsiasi cosa, anche una frittata con la cipolla andava benissimo. Ve lo immaginate che lezione di scrittura creativa e non creativa?, (lo dico per chi non apprezza il termine “creativo”. Qualcuno afferma che la scrittura deve essere veritiera ed esprimere un concetto non creare un’atmosfera con musicalità e armonie. Io no, io amo troppo le parole e mi piace leggere le frasi belle, musicali e armoniose). Dario Fo con la sua gestualità sarebbe stato capace di farci credere che l’uovo ha parlato prima di diventare frittata, ma che dico?, ci avrebbe fatto credere che l’uovo si è rotto da solo e si è sbattuto per finire sulla cipolla mentre rosola sul fuoco e. tutto questo, senza avere nemmeno un uovo in mano e nessuna padella sul fuoco che non c’è, ovvio!
Forse non mi sono letta bene il programma e mi scuso se mi è sfuggito qualcosa di importante ma non ho avvertito la presenza di nessun simbolo forte nessun personaggio autorevole che ci parli delle meraviglie della lettura? È o non è maggio il mese dedicato al libro?
Tutto sto parlare di #ioleggoperchè e poi mi trovo una serie di Grandi Ospiti che sono famosi perché fanno audience alla tv di stato. E gli ospiti internazionali? Mi devono essere sfuggiti pure quelli, chiedo scusa ma non ho riconosciuto nessuno.
Certo è che se nemmeno Valerio Massimo Manfredi ci va, non possiamo certo pretendere di trovare un Ken Follet. Va bene così, tutto sommato, almeno non rischiamo di trovare Dan Brown! vista la tendenza…, hai visto mai?

Comunque va bene così. Buon divertimento a chi va e bun riposo a chi non andrà, ma riposatevi leggendo un buon libro, mi raccomando.

Monica Bauletti

#ioleggoperche

by Monica Bauletti

by Monica Bauletti

Oggi è la giornata mondiale del libro.
Ho provato a resistere alla tentazione di non cadere nel giochetto che tende a celebrare in un solo giorno, questo, il rito di consacrazione delle i-dee offrendo l’obolo e bruciando l’incenso sull’altare dell’amore per la lettura. Ahimé!, non ce l’ho fatta.
Comunque sarebbe stato scandaloso da parte di Letterando tacere in una giornata così tendenziosa.
Troppi hashtag, articoli, e mail mi ricordano continuamente che bisogna dire perché-io-leggo. Che poi, a chi interessa perché io leggo? A me non interessa poi molto farlo sapere. Insomma leggo da quando avevo sette anni e ho sempre letto moltissimo, le mie amiche hanno accettato da sempre questa cosa senza farmene mai una colpa, forse qualche volta mi hanno un po’ presa in giro, oppure si sono indispettite perché, distratta dalla lettura, non prestavo attenzione alle chiacchiere, ma sono sempre stata presente e in quanto a consigli ne ho sempre dati di buoni. Non a caso ho moltissimi amici e amiche che mi vogliono bene. Ohibò!, vuoi vedere che è proprio perché leggo tanto che so dare buoni consigli? E così gli amici si moltiplicano? Be’ questo potrebbe essere un motivo per cui io-leggo: sapere sempre che cosa fare anche nelle circostanze più imprevedibili.
Ecco che ci ricasco. No, non ho niente contro le celebrazioni. Dedicare giorni a *…* è un modo per rendere omaggio a qualcosa di buono e giusto, ma quello che non mi piace è che alla fine risulta tutto come un gioco commerciale e un modo per scrollarsi di dosso un dovere:
“Bene, ho dato! Ora posso pensare ad altro”.
“Ma per carità! Pensa da altro anche prima che tanto il mondo va avanti con il sapere e con l’ignoranza senza il contributo di nessuno”.
Oggi ogni blog ha il suo articoletto sul perché è bene leggere.
Gli uccellini cinguettano a tutto spiano sul perché si deve leggere.
Facebook fa la sua parte.
Sono certa che anche su whatsapp gireranno frasette dedicate alla lettura, ma non posso saperlo perché non ce l’ho. Adesso però non inorridite, è solo perché lo smartphone io lo uso quasi esclusivamente per leggere. Già io-leggo-perché posso farlo in ogni momento e così non mi annoio mai. L’altra sera ero al “giropizza” e aspettavo le mie pizze da portare a casa, per accorciare i tempi di attesa ho tirato fuori il cell. e ho ripreso la lettura del mio libro-e-book, quando mi hanno consegnato le pizze quasi quasi mi è dispiaciuto.
Chi legge lo fa per necessità plurime. Non credo ci sia un solo motivo per cui si legge: si legge per imparare cose nuove, per viaggiare con la fantasia, per passare il tempo, per fuggire dalla realtà nei momenti difficili. Si legge per vivere vite nuove, per sentir palar d’amore, per sfogare la sete di sangue, per liberare l’odio e i rancori. Si legge per trovare un pensiero felice. Si legge per cercare il peggio che consola. Si legge per ridere o per piangere.
Tra le tante motivazioni penso però ci sia un denominatore comune che è il bisogno di provare emozioni. Una storia raccontata trasmette sempre un’emozione e come si può vivere senza emozionarsi? Sarebbe davvero triste e arida la nostra vita se si appiattisse nell’apatica indifferenza. Chi legge è un drogato di emozioni e non ne può fare a meno. Una vita sola non basta a saziarne la sete e si cercano nelle vite descritte nei romanzi, nelle storie reali e inventate per farle proprie. Diventa quindi curioso capire perché non si legge, come faranno a soddisfare il bisogno di emozioni tutte quelle persone che non leggono? Così, è legittima la domanda che ha rivolto la mia amica Antonia chiedendosi: “perché non si legge?” è questa la domanda giusta. Perché tu-non-leggi? Meditate gente, meditate.

Voce del verbo leggere

by Monica Bauletti

by Monica Bauletti

Cari amici di letterando buongiorno!
Riemergo da uno dei miei momenti bui ed eccomi qua. Ho letto, letto, letto. Leggerò, leggerò e leggerò ancora, si sa. Chi legge da tutta la vita non può di certo smettere, almeno finché non si perderà tra le strade senza fine della demenza.

Comunque leggo.

Bene, ora che avete capito che so coniugare il verbo posso continuare il mio pensiero. Parlando dunque di letture posso dire che c’è un sacco di bella roba in giro, davvero molto bella, peccato che non mi basterà la vita che mi resta per leggere tutto quello che mi manca.
Ma perché leggo? In questi giorni mi sono spesso imbattuta in decaloghi, pentagoni, e altri innumerevoli elenchi che motivano perché è bene leggere, perché è importante leggere, che cosa è giusto leggere, quali sono i libri che si devono assolutamente leggere e sapete che cosa ho capito? Che se è vero che leggere rende liberi e ci fa vivere più vite allora posso anche permettermi di scegliere senza sentirmi sbagliata se leggo un romanzo o una poesia o un classico o un giallo o un fantasy un saggio che non è nelle liste o nel gradimento dei più. Alla fine quello che conta è la soddisfazione di aver vissuto leggendo o letto vivendo. Che siano classici, narrativa, fantasy, gialli, belli o brutti, scritti bene o scritti male, a me poco importa. No, aspettate, non mi fraintendete, non è che mi piaccia leggere libri scritti male, ma se ciò accade non ne faccio un dramma, ci stanno anche le ciofeche ogni tanto, anche solo per stimolare il senso critico, per tornare nel mondo terreno. Non so voi, ma io quando leggo un capolavoro vado in estasi e comincio a viaggiare oltre le nuvole tanto da perdere il contatto col mondo reale, quindi certe cadute, anche se brusche, mi riportano nel mondo mortale. Sbucciarsi le ginocchia serve a capire quanto dura è la strada. Prendere coscienza delle proprie fragilità aiuta a sviluppare una maggiore tolleranza per i difetti altrui. Ogni libro che ho letto, ogni pagina e ogni frase ha domato la mia indole prima, lievitato i miei pensieri dopo, nutrendo lo spirito e purificando l’anima.
Io non vi dico che cosa dovete leggere, quanto o quando, ma posso affermare che dopo quarant’anni di letture di ogni genere, a partire dalle favole dei miei sette anni al romanzo favoloso che sto leggendo ora, leggere mi ha dotata di una rete di salvataggio che si è tessuta e irrobustita lettura dopo lettura. Ora, ogni volta che cado la mia rete mi accoglie, mi avvolge e si stringe intorno a me come un abbraccio affettuoso e morbido, mi dà il primo conforto, mi consola e mi guarda con materna benevolenza, sorride rassicurante e poi si apre, la rete si distende e scarica su di me tutta la sua forza per darmi la spinta necessaria a ripartire. Cadrò ancora, la vita mi farà ancora soffrire ma non può certo farmi paura. La consapevolezza di avere la forza e le capacità di perdonare e perdonarmi gli errori che commetterò o i soprusi che subirò mi permette di trovare sempre il coraggio di rischiare e di continuare la mia strada qualsiasi direzione decida di prendere.
Leggere aiuta a ottenenre tutto questo. Ogni lettura è valida.
Qualsiasi cosa venga scritta nelle liste che spiegano i benefici effetti della letteratura, o tutto ciò che viene detto nelle discussioni, nelle tavole rotonde e nelle trasmissioni che parlano di letture è cosa buona e giusta, ma quel che conta è il risultato. Leggere è un’azione che si fa da soli. Le parole scritte ci costringono a relazionarci con il nostro mondo interiore rovistando, scompigliando e mettendo in discussione ogni preconcetto infuso da una società che ama la tendenza, che conia parole come glamour, trend, fashion e che mette tutti in fila davanti a una mela perché è di moda. Le autostrade sono assai comode e l’ordine è indispensabile, le regole si rispettano sempre ma bisogna anche sapere dove si va e perché l’ordine pubblico va rispettato, bisogna saper accettare la giustizia imparando a obbiettare e a lottare per cambiare ciò che non va più. Ecco, leggere aiuta a sviluppare il terzo occhio, quello indipendente che guarda nella direzione opposta e che ruota a trecentosessantagradi.

Fine del sermone.

E buone libere letture a tutti.

Che la consapevolezza sia con voi.

Amen

OTTO MARZO, PARI OPPORTUNITA’, QUOTE ROSA

MIMOSA

By Monica Bauletti

Si avvicina il giorno della festa della donna e nell’aria si respira profumo di mimosa.
Per un giorno intero si ricorderanno i nomi e i fatti che hanno visto protagoniste le donne.
È un bell’omaggio a chi lotta giorno dopo giorno per amore e solo per amore.
Sì, cari signori uomini e care signore donne, anche se un giorno di celebrazione sembra poco rapportato ai restanti trecentosessanta e spiccioli durante i quali le signore corrono, corrono e arriva subito sera ed è già natale, l’otto marzo rimane un giorno gradito.
E ci saranno le solite polemiche, qualcuno disprezzerà la strumentalizzazione del consumismo che invita agli omaggi floreali, altri giustificheranno la mancanza di sensibilità con una “questione di principio”.
In politica verranno sventolate le bandiere delle riforme, delle quote rosa, delle pari opportunità. Manifestazioni di solidarietà o di protesta si sprecheranno per le piazze di un paese dove ci vogliono ancora oggi leggi a regolare l’uguaglianza e i diritti delle donne.

Anche se non mi sento di dire: “va bene così“, so  che a tutte le donne farà comunque piacere ricevere attenzioni per un giorno e sentirsi amate incondizionatamente dello stesso amore che offrono e dispensano sempre.

Le donne Imparano ad amare da piccole e arrivano fino alla vecchiaia senza risparmiarsi mai. Perché è un istinto biologico. Le donne portano il nido nella pancia. Non ci sono ceste di paglia dove sedersi un po’ per poi lasciare il posto a un’altra appena stanche o annoiate o dove deporre le uova dandole in custodia a chi ha più tempo per covare.
Le donne tessono grovigli di cordoni realizzando coperte calde e confortevoli dove la famiglia trova sempre un posto riservato. Non c’è sacrificio che vale un po’ d’amore. Non c’è rinuncia che pesi difronte a un sorriso.
Allora, care signore, godetevi la festa, e per un giorno restate sorde ai pensieri contro, anche se per ventiquatt’ore dimenticherete di lottare non succederà nessuna catastrofe.

L’otto marzo per una donna è il giorno da leone per i rimanenti giorni da leonessa.

Letterando augura a tutte le donne di avere un un buon otto marzo per tutto l’anno.

LA PASTA DELLO SCRITTORE

Pasta dello scrittore by Monica Bauletti

Pasta dello scrittore
by Monica Bauletti

Carissimi amici di Letterando oggi mi sono inventata la pasta dello scrittore.
Come impone la regola iniziamo dagli ingredienti:
Dosi per due persone:
(mai più di due, non riesco a immaginare un gruppo di tre scrittori o più. Già trovare due menti affini è difficile, figuriamoci tre! Ne risulterebbe una pasta all’arsenico. Meglio di no. Inoltre la dose per due può andare bene anche per uno, chi di noi rinuncia al bis? Davanti a un buon piatto di pasta fumante e saporita si cede sempre).
Spaghetti di grano integrale = 2hg (Il grano integrale è un grande stimolatore del cervello perché contiene un’alta percentuale di folati.)
Noci, nocciole, mandorle = una generosa manciata (aiutano a “snebbiare” il cervello e a “lucidare” i pensieri, favoriscono il buon umore perché generano neurotrasmettitori quali: dopamina, adrenalina e noradrenalina. Le funzioni cerebrali migliorano grazie a una maggiore concentrazione di ossigeno nel samgue. Le mandorle aiutano ad aumentare la memoria perché ricche di riboflavina.)
Mirtilli = almeno una tazza. (sembra che i mirtilli aumentino la potenza dei segnali dei neuroni – beh, io questa cosa qui mica l’ho capita -, però proteggono anche il cervello dallo stress ossidativo e lo mantiene giovane riducendo gli effetti dell’invecchiamento. In aggiunta, contengono anche acido ellagico, che previene i danni alla cellula.)
Yogurt naturale = una tazza (contiene un aminoacido chiamato tirosina, che è responsabile della produzione di neurotrasmettitori noradrenalina e dopamina. Insomma, lo yogurt aiuta a migliorare l’attenzione e la memoria.)
Il cioccolato fondente = una spolverata. (Ha potenti proprietà antiossidanti naturali, e contiene diversi stimolanti, che aumentano la produzione di endorfine, pur potenziando attenzione e concentrazione. Gli stimolanti trovati nel cioccolato fondente migliorano anche l’umore. Possiede un alto contenuto di flavonoidi che facilitano l’apporto di sangue al cervello e migliorano le capacità cognitive. – Il cioccolato al latte non serve, lasciate perdere, migliora la memoria visiva e verbale, ma chi scrive vede con la fantasia e non parla, digita!)
Ora che avete tutti gli ingredienti possiamo passare alla preparazione.
Mettete a cuocere gli spaghetti in poca acqua bollente leggermente salata, fate cuocere senza coperchio a fuoco lento mescolando spesso e controllando che non si asciughino troppo.
Ne frattempo frantumate e riducete in graniglia le mandorle, le noci e le nocciole. salsanoci4                 Quando saranno bel polverizzate aggiungete lo yogurt e mescolate fino ad ottenere una crema.
Controllate gli spaghetti, dovrebbero essere cotti e anche piuttosto asciutti, se troppo asciutti aggiungete un po’ di acqua calda. A cottura ultimata spegnete il fuoco. Nel fondo della pentola dovrebbe essere rimasto appena un dito d’acqua di cottura. A questo punto aggiungete lo yogurt con le noci e mescolate bene. Se vi sembra che i residui d’acqua di cottura siano eccessivi accendete il fuoco e fate evaporare.
Servite in un piatto da portata e decorate con i mirtilli provvedendo a grattare una generosa quantità di cioccolato fondente.
Potete accompagnare questo piatto con una birra artigianale bionda o rossa (non ha nessun effetto benefico, ma piace a me)
Buon appetito.
(trattasi di una ricetta di pura invenzione, Letterando declina ogni responsabilità sul risultato finale, ma rivendica i diritti nel caso generasse testi geniali)

Il recensore da censura, ossia la stellina che stronca.

di Monica Bauletti
di Monica Bauletti

Carissimi amici di letterando, scrittori e lettori è a voi che mi rivolgo con questo articoletto da “una stellina”. Oggi la curiosità mi ha spinta a navigare tra i vari book stor di vendite on line che propongono, per l’appunto, romanzi e ho seguito la via delle stelline. Mi sentivo un po’ “commodora” e volevo tracciare la rotta seguendo le “stelline”, ossia facendomi guidare dal gradimento dei recensori che lasciano il commento e illuminano le stelle sul romanzo dopo averlo letto. Ahimè mi sono subito persa, Se è vero che le stelle non mentono e il bagliore della stella polare è visibile oltre ogni possibile abbaglio non è altrettanto vero che la media delle stelline assegnate dai recensori sia veritiera e inconfutabile. Uno strano disagio mi è preso vedendo comparire giudizi tremendi assieme a commenti favolosi ed è diventato difficile capire a chi credere. Se poi si passa da 1 stella a 5 stelle senza passare dal 2, 3, peggio del peggio! Come si fa? Quando ho iniziato a leggere i commenti cattivi accompagnati dalle pallide stelle solitarie il mio disagio è aumentato. Sì, perché i commenti a volte sono poco precisi, alcuni si potrebbero adattare a qualsiasi testo, storia e genere letterario. Ma insomma, perché questo disagio? In fondo è normale che ci siano opinioni diverse e divergenti, mica tutti i libri possono piacere a tutti. No aspettate, il mio pensiero in quel momento andava oltre, quelle recensioni sembravano dissonanti col vero gradimento, non sembravano scritte per il bisogno di esprimere un giudizio e per consigliare o meno la lettura del libro a chi ama leggere qualcosa di buono. Dovevo capire come mai un divario così grande tra buoni e cattivi giudizi, possibile che non ci fosse nessuna mezza misura, sì, perchè quello che mi balzava agli occhi era la serie di 5 e 4 stelline seguite dalla solitaria stellina che illuminanva il commento: “Ne sconsiglio l’acquisto” Ho subito sentito il bisogno di scoprire chi fosse l’autore della recensione stonata e mi è capitato di notare che si tratta di un recensore occasionale, il cui nome è sempre uno pseudonimo e che recensisce un solo libro per poi sparire. Ma va? Quel genio letterario, critico d’eccezione si è preso il disturbo di registrarsi sul sito di vendita book per postare la recensione a un unico romanzo?, ma quale onore, oserei dire. Sì, è un vero onore. Non per essere maliziosa o maligna ma mi puzza di marcio questa cosa. Non so voi, ma a me non quadra molto. Va beh, lascio a voi decidere se credere o no a quanto si legge sulle recensioni, Amazon è ammiraglia in queste acque dove si naviga seguendo le stelle a suon di stroncature, ma vi invito a verificare lo spessore culturale del recensore severo prima di prendere per buono il suo consiglio, controllate nel suo profilo quanti a quali libri ha recensito e così potrete farvi un’idea sul perché di tanto sdegno. Fate questa verifica soprattutto quando la stellina solitaria è sola e lontana dal firmamento luminoso delle stelline di gruppo. Se poi vi fidate di più dell’istinto che dell’opinione altrui tanto meglio, non leggetele proprio le recensioni, io per evitare condizionamenti le leggo dopo, le leggo per curiosità e per confrontami con le opinioni altrui. Però, che amarezza dover constatare che anche nel mondo letterario dove i pensieri dovrebbero volare liberi e lontani da gole arse da brame illegittime serpeggiano meschinità che nulla hanno da spartire col sapere. Ok, prendiamone atto e se proprio vogliamo andare sul sicuro affidiamoci ai buoni consigli di amici che quando ci parlano di un libro lo fanno senza secondi fini e sicuri di farci piacere. Buone letture, sane e “luminose”

27 gennaio Giorno della Memoria

PRIMO LEVI – Se questo è un uomo, lettura della poesia a cura di letterando.

http://youtu.be/jgwTQh5kvHg

PRIMO LEVI – SE QUESTO E’ UN UOMO – PER NON DIMENTICARE

Il 27 gennaio 1945 i cancelli di Auschwitz furono abbattuti

tag – non dimenticare:
UOMO, DONNA, BAMBINO, BAMBINA,
PADRE, MADRE, FIGLIO, FIGLIA, NONNO, NONNA, ZIO, ZIA,
FAME, FREDDO, DOLORE, FERITA, SANGUE,
MALE, MALE, MALE, MALE, MALE, MALE, MALE, MALE,
CAMERA A GAS, FORNO CREMATORIO, OLOCAUSTO, GENOCIDIO,
PAURA, PAURA, PAURA, PAURA, PAURA, PAURA, PAURA, PAURA,
SOLITUDINE, AFFETTI, RICORDI, SOFFERENZA, ABBANDONO, PERDITA
RICORDA, RICORDA, RICORDA, RICORDA, RICORDA, RICORDA RICORDA

NUMERI.
Nome – Stato – Tipo Operatività – Prigionieri – Vittime
Arbeitsdorf
Germania Campo di lavoro 8 aprile 1942 11 ottobre 1942 – min. 600
Auschwitz[2]
Polonia Campo di concentramento, sterminio e lavoro 20 maggio 1940
27 gennaio 1945 – 400.000[3] -1.100.000[3]

Bardufoss
Norvegia Campo di concentramento marzo 1944 – 800 – 250
Bełżec
Polonia Campo di sterminio marzo 1942 giugno 1943 – 434.508 – 600.000

Berg
Norvegia Campo di transito ottobre 1942 – 842
Bergen-Belsen
Germania Campo di raggruppamento aprile 1943 15 aprile 1945 –  63.000

Bolzano
Italia Campo di transito luglio 1944 aprile 1945 – 11.116 – 60

Bredtvet
Norvegia Campo di concentramento
Breendonk
Belgio Campo di prigionia e di lavoro 20 settembre 1940 settembre 1944
min. 3.532 min. 391
Breitenau
Germania Campo di lavoro giugno 1933 marzo 1934 e 1940 1945 – 470-8.500
Buchenwald
Germania Campo di lavoro luglio 1937 aprile 1945 – 238.980 – 250.000 -34.375 – 60.000

Chełmno
Polonia Campo di sterminio dicembre 1941 aprile 1943 poi aprile 1944 gennaio 1945
184.300 – 350.000

Dachau
Germania Campo di lavoro marzo 1933 aprile 1945 – 206.206 – 31.951

Falstad
Norvegia Campo di prigionia dicembre 1941 maggio 1945 min. 200

Flossenbürg
Germania Campo di lavoro maggio 1938 aprile 1945 – 96.000 – 30.000  – 74.000

Fossoli
Italia Campo di transito gennaio 1944 agosto 1944 -5.000 -67

Fullen
Germania Campo di prigionia 23 settembre 1943 29 giugno 1945 – 872

Grini
Norvegia Campo di prigionia dicembre 1941 maggio 1945 – 20.000
Gross-Rosen
Polonia Campo di lavoro agosto 1940 febbraio 1945 – 125.000 40.000
Herzogenbusch
Paesi Bassi Campo di prigionia e di transito 1943 – estate 1944

Hinzert
Germania Campo di raggruppamento luglio 1940 marzo 1945 – 14.000 min. 302
Jasenovac
Croazia Campo di sterminio agosto 1941 aprile 1945 – 700.000
Kaufering/Landsberg

Germania Campo di lavoro giugno 1943 aprile 1945 – 30.000 min.14.500
Kaunas (Kauen)
Lituania Ghetto e campo di internamento
Klooga
Estonia sottocampo del campo di concentramento di Vaivara estate 1943 28 settembre 1944 ca. 2.400
Langenstein-Zwieberge
Germania sottocampo del campo di concentramento di Buchenwald aprile 1944 aprile 1945 5.000 2.000
Le Vernet
Francia Campo di internamento 1939 – 1944

Leopoli (L’viv)
Ucraina Campo di lavoro e di sterminio settembre 1941 novembre 1943

Majdanek (KZ Lublin)
Polonia Campo di sterminio luglio 1941 luglio 1944 – min. 200.000
Malchow
Germania inverno 1943 8 maggio 1945

Maly Trostenets
Bielorussia Campo di sterminio luglio 1941 giugno 1944 – 200.000-500.000
Mauthausen-Gusen
Austria Campo di lavoro e di sterminio agosto 1938 maggio 1945 195.000 min. 95.000
Mittelbau-Dora
Germania Campo di lavoro settembre 1943 aprile – 1945 60.000 min. 20.000
Natzweiler-Struthof
Francia Campo di lavoro maggio 1941 settembre 1944 -40.000 25.000
Neuengamme
Germania Campo di lavoro 13 dicembre 1938 4 maggio 1945 -106.000 55.000
Niederhagen
Germania Campo di prigionia e di lavoro settembre 1941 inizio 1943 – 3.900 1.285
Oranienburg (vedi Sachsenhausen)
Germania Campo di raggruppamento marzo 1933 luglio 1934 – 3.000 min. 16
Osthofen
Germania Campo di raggruppamento marzo 1933 luglio 1934

Plaszów
Polonia Campo di lavoro dicembre 1942 gennaio 1945 min. 150.000 min. 9.000
Ravensbrück
Germania Campo di lavoro maggio 1939 aprile 1945 -150.000 min. 90.000
Riga-Kaiserwald

(Mežaparks) Lettonia Campo di lavoro 1942 – 6 agosto 1944 – 20.000
Risiera di San Sabba (Trieste)
Italia Campo di detenzione settembre 1943 29 aprile 1945 – 25.000 5.000
Sachsenhausen
Germania Campo di lavoro luglio 1936 aprile 1945 min. 200.000 100.000
Sobibór
Polonia Campo di sterminio maggio 1942 ottobre 1943 – 250.000
Stutthof
Polonia Campo di lavoro (1939-1942); campo di concentramento (1942-1945) settembre 1939
maggio 1945 – 110.000 65.000
Lager Sylt (Alderney)
Isole del Canale Campo di lavoro marzo 1943 giugno 1944 -1.000- 460
Theresienstadt
Repubblica Ceca Ghetto e campo di transito novembre 1941 maggio 1945 – 140.000 35.000
Treblinka
Polonia Campo di sterminio luglio 1942 novembre 1943 –  min. 800.000
Vaivara
Estonia 15 settembre 1943 29 febbraio 1944
Varsavia
Polonia Campo di lavoro e di sterminio 1942 – 1944 – 40.000 – 200.000
Westerbork
Paesi Bassi Campo di raggruppamento ottobre 1939 aprile 1945 – 102.000

(nota: le cifre riportate si riferiscono a stime; lo stato indicato è quello attuale; per dettagli vedi riferimenti bibliografici)

Il cecchino inconcludente

Il cecchino inconcludente

Il cecchino inconcludente

di Monica Bauletti

Dopo una lunga pausa, ritorna la rubrica Che fastidio! Ma che fastidio! Che fastidio che mi fa!  …/∞, mi scuso del silenzio che è stato prontamente colmato da altre rubriche, interviste, e non interviste, e riprendo da dove ho lasciato.

Dopo il  “Cacciatore di mi piace“, come anticipato, l’argomento che segue è il “Cecchino inconcludente”.
Non so se è capitato anche a voi di scrivere un commento al post di qualche amico e di vedervi taggare subito da sconosciuti amici dell’amico, obbiettando a volte con ferocia, senza motivare l’obbiezione.

La frase che ho trovato spesso è la seguente: “Non credo…”.  proprio così con i puntini di sospensione, ma sospensione di che? Ok, va bene. È legittimo dissentire, ci mancherebbe!, ma allora dimmi che cosa credi per favore. Se obbietti, almeno chiarisci perché. Insomma mi lasci lì in sospeso con un dissenso e metti i tuoi bei puntini: … NO. Non si fa! Questo atteggiamento è tipico del cecchino inconcludente.

I suoi interventi sono spesso brevi e assolutamente contrari.

Non motiva la sua contrarietà, non porta argomenti atti a confutare il dissenso. No, sarebbe troppo facile. Al cecchino piace avvolgersi nella fumosa nube del mistero dalla quale emergere illuminandosi alla debole luce della fiaccola di un sapere che spesso non ha.

Il cecchino vuole essere ammirato per il coraggio di avervi contraddetto ma, a parte il riflettore che si punta addosso, non vi darà alcun lume sul perché obbietta le vostre affermazioni.

Se poi insistete e chiedete spiegazioni guai!, insomma è una buona regola e indice di intelligenza voler conoscere gli errori così da non commetterne altri, no! Rassegnatevi, il cecchino inconcludente non vi soddisferà.

Lui è un contrario, lui disfa non fa.

Potrà pure rispondere, ma più di un mucchiodi parole che non portano a nessun chiarimento e a nessuna spiegazione esauriente, non riuscirete ad ottenere altro. Se poi continuare a chiedere finirà con diventare arrogante, cattivo e in certi casi offensivo perché il cecchino inconcludente è fondamentalmente un ignorante che per sentirsi colto cerca di sminuire gli altri, è un povero di spirito che per elevarsi deve demolire il prossimo.
Quindi, amici cari, quando obbiettate alle affermazioni che leggete dite perché o tacete per sempre. Se ve ne scordate e vi si chiedono spiegazioni, datele nel modo più chiaro possibile.

Nessuno pretenda di far cambiare idea a nessuno ma tutti hanno il diritto di sapere, se sbagliano, il perché.
Fine della seconda parte del nostro social infinito.

Se non vado nuovamente in letargo presto parleremo delle “frasi celebri”, poi delle “parole ricorrenti” e poi si vedrà, aspetto suggerimenti.

No alla violenza contro le donne

Aderisci alla nostra campagna per dire no alla violenza sulle donne. Prendi un rossetto rosso e fatti un segno sul viso, poi posta la tua foto sui social network e scrivi #Letterando #noallaviolenzacontroledonne

IL CACCIATORE DI “MI PIACE”.

mi piace

di Monica Bauletti

In questo mondo di comunicazione globale tutti dicono tutto su tutto e spesso a sproposito.

Il sapere e la conoscenza davvero non hanno più alcun valore? Quello che conta è solo far sentire la propria voce? Il mondo deve sapere a tutti i costi che ci siamo!

Esistere vuol dire: ho il mio nome sul tuo post!

Scusate la franchezza, ma chi se ne frega!

No, non è vero, siamo tutti contenti di sentire le opinioni di tutti ed è giusto così. Dite, scrivete, discutete, confrontatevi. Tutto serve per crescere e per crescere bene, ma allora se proprio vogliamo migliorare e trarre vantaggio da tutto questo comunicare dobbiamo farlo bene. Non buttiamo commenti a vanvera solo per avere consensi, per collezionare i “mi piace”. I mi piace fanno sempre piacere ma se sono spontanei non se sono estorti, quindi, amici cari, correggiamo certi piccoli vizi e sforziamoci di uscire dai luoghi comuni, diventiamo creativi e scriviamo quello che pensiamo veramente in modo chiaro e inequivocabile.

Insomma evitiamo di cadere vittime del cacciatore di ‘mi piace’, malato fobico di notorietà digitale. Lui è spesso mutante, cambia forma e i metodi subdoli e ambigui rischiano di danneggiare l’armonia globale diffondendo malcontento e cattiverie gratuite.

Questa nuova malattia si manifesta in vari modi, i sintomi e gli effetti sono vari anche se riconducibili allo stesso ceppo virale. E sì cari amici perché purtroppo trattasi spesso di malattia contagiosa e non c’è difesa immunitaria che tenga, come ho già detto il virus è mutante e, almeno una volta, si rischia di restar contagiati, poi c’è chi guarisce e diventa immune, ma ci sono altri che non guariscono più e i sintomi diventano cronici.

Ora, con questa nuova rubrica vorremmo invitarvi a scovare gli infetti e i portatori sani. Facciamo dunque un’opera sociale di sanità mettendo in evidenza i sintomi in modo da circoscrivere il contagio e aiutare gli ammalti a curarsi.  Cercheremo di scoprire come riconoscere il soggetto infetto e di trovare il modo per annullare gli effetti della malattia nonché aiutare il posseduto a liberarsi del mutante.

Seguendo le conversazioni sui social, all’interno dei gruppi, sui post che pubblicate, in quelli di amici o altre pagine vi sarà capitato chissà quante volte di assistere a battibecchi con vere e proprie aggressioni verbali. Sfoghi di una cattiveria incomprensibile che ricordano episodi assatanati di Emily Rose posseduta da Pazuzu. Tutti si aspettano che i toni si smorzino e tutto finisca in una risata collettiva invece si inaspriscono sempre più. A nulla serve cercare di sdrammatizzare o cambiare discorso, ormai l’invasato deve completare lo sfogo. In queste circostanze consigliamo di abbandonare la conversazione, non sarà possibile far rinsavire l’infetto per riportarlo alla ragione, non ammetterà mai di aver sbagliato e continuerà all’infinito.

Quindi state alla larga, nessun esorcismo è efficace in questi casi l’importante è non lasciarsi coinvolgere, se lo ignorate prima o poi il posseduto si smonta e voi non subirete danni permanenti.

Bene la prima lezione finisce qui, lasciamo spazio ai vostri commenti e alle vostre testimonianze se le vorrete condividere.

La prossima volta parleremo del “Cecchino inconcludente”.

Seguiranno “Le frasi celebri” – “le parole ricorrenti” e poi potremmo approfondire quello che vorrete segnalarci.

Buona caccia.